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Iran sorvegliato speciale. Ma non sia il solo
Intervista a cura di Gianluca Savoini

da il Federalismo n. 44 del 7 Novembre 2005
Segnalato da Centro Studi Giuseppe Federici

        Al di là delle dichiarazioni antisioniste del Presidente iraniano Ahmadinejad, che hanno scatenato l'opinione pubblica occidentale in difesa del diritto di esistenza dello Stato ebraico, è da tempo che gli Usa accusano l'Iran di lavorare per dotarsi di armamenti nucleari, violando in tal modo il trattato di non proliferazione di armamenti atomici. Qualcuno ha già parlato di strategia americana per invadere l'Iran, definito sbrigativamente da Washington, uno Stato-canaglia. Ne parliamo con l'europarlamentare leghista Mario Borghezio.

Per un quadro più completo della situazione, invitiamo il lettore a leggere l'articolo Le atomiche di Tel Aviv partecipano alla marcia pluripartisan.

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione

       

Onorevole Borghezio, le accuse americane sono credibili oppure assisteremo alla fabbricazione di prove fasulle atte a dare un pretesto agli americani per attaccare Teheran, come già accaduto con l'Iraq?

 

«Innanzitutto non si può parlare della corsa agli armamenti nucleari da parte dell'Iran senza evidenziare l'aspetto geopolitico della vicenda. L'Iran è una grande potenza asiatica circondata da Paesi alleati degli Stati Uniti dotati di armamenti atomici. Senza contare la presenza di ingenti truppe americane ai suoi confini, in Iraq e in Afghanistan. Se a questa situazione aggiungiamo il ricordo drammatico della lunga guerra intercorsa tra l'Iran di Komeini e l'Iraq di Saddam negli anni Ottanta del secolo scorso, con il suo cumulo di orrori, di devastazioni, di utilizzo da parte irachena di gas mortali, allora potremo anche capire meglio certi timori e certe reazioni allarmate da parte degli iraniani».

 

       

Lei crede quindi che l'Iran, avendo ben vivo il ricordo della guerra che ha causato centinaia di migliaia di vittime vent'anni fa, teme di restare in balìa di nuove aggressioni senza avere armamenti all'altezza? E il trattato di non proliferazione nucleare che fine deve fare, quella della carta straccia?

 

«Se perfino parte dell'opposizione interna al regime iraniano non è contraria alle ricerche sul nucleare militare, qualcosa dovrà pur significare, no? E poi dove sono le prove che l'Iran stia realmente violando quel trattato internazionale? I controlli recenti non dimostrano alcuna violazione da parte di Teheran. Per questo la richiesta fatta dal ministro degli Esteri italiano Gianfranco Fini di portare l'Iran davanti al Consiglio di sicurezza dell'Onu appare poco motivata e alquanto velleitaria. L'Agenzia internazionale sull'energia non ha trovato alcuna prova in proposito».

 

       

Però Teheran non vuole fermare le sue ricerche sull'impoverimento dell'uranio e con l'uranio impoverito si può costruire la bomba atomica.

 

«Vero, però è la stessa Intelligence americana che dice che ci vorranno almeno 10 anni prima che l'Iran potrà avere una bomba nucleare grazie al procedimento dell'uranio impoverito. E poi, mi scusi, come si può pensare di far condannare l'Iran quando ci sono le altre potenze dell'area che violano il trattato di non proliferazione nucleare?».

 

 
A chi si riferisce?
 

 

«A Israele e al Pakistan, tanto per dirne due. Il fatto oggettivo è che esiste una profonda disparità di trattamento tra l'Iran e le altre potenze alleate degli Usa. A queste ultime tutto è concesso, riarmo nucleare compreso. È giusto? Non lo credo».

 

       

I rapporti commerciali importanti che intercorrono tra l'Italia e l'Iran sono a rischio, secondo lei?

 

«Mi auguro proprio di no. La bilancia commerciale di Teheran nel primo semestre del 2004 parla di una plusvalenza di 10 miliardi di dollari, il che fa dell'Iran una potenza economica di prim'ordine, che intrattiene relazioni commerciali con tutta l'Europa, e l'Italia è in pole-position. Si parla ogni dì di potenzialità enormi della Cina in senso commerciale, pensando a un domani, e non si approfitta dell'oggi che si chiama Iran?».
«Su questo punto non dobbiamo transigere: proprio noi della Lega

 

       
Due pesi, due misure. Una politica miope
 

 

«Il diritto all'esistenza di Israele non può essere messo in discussione e quindi le dichiarazioni del Presidente iraniano Ahmadinejad vanno respinte con decisione al mittente. Ciò non significa però adottare la miope politica del «due pesi e due misure», secondo la quale a Israele tutto è concesso, edificazione di un Muro antipalestinese compreso, mentre i suoi vicini (sbrigativamente definiti Stati-canaglia dall'amministrazione statunitense) non devono sgarrare nemmeno a parole».
Giacomo Stucchi, presidente della Commissione parlamentare Politiche dell'Unione europea alla Camera, osserva con preoccupazione l'escalation di tensione in atto nel vicino Oriente dopo le dure parole del Presidente iraniano contro Israele (a dir la verità un po' «modificate» dai traduttori occidentali che le hanno girate alla stampa).
«L'Iran è un Paese fondamentale nello scacchiere mediorientale - spiega Stucchi - e quindi le valutazioni della comunità internazionale devono andare a 360 gradi. I rapporti che intercorrono tra gli sciiti iraniani e quelli iracheni trasformano l'Iran in un punto strategico delicatissimo per gli equilibri di un'area che da sempre è una polveriera e non è proprio il caso di buttare benzina sul fuoco con dichiarazioni sopra le righe provenienti dagli Usa».
Aggredire militarmente Teheran sarebbe quindi, per Stucchi, un errore letale. «Gli americani devono evitare di cercare a tutti i costi il «casus belli», il pretesto per aggredire l'Iran –sottolinea il deputato bergamasco–, si andrebbe verso la destabilizzazione dell'area con risultati assolutamente imprevedibili e pericolosi anche per noi europei. Già l'intervento armato in Iraq è stato effettuato adducendo un pretesto che poi si è dimostrato fasullo, non si può continuare a minacciare mezzo mondo sulla base di prove non dimostrabili, né tantomeno per dichiarazioni, sia pur vergognose, come quelle di Ahmadinejad».

 

Intervista a cura di Gianluca Savoini
 

 

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