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I nostri primati
di Gennaro De Crescenzo

Segnalato da Rafminimi
Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione

       Dai lavori pubblici al diritto, dalle produzioni specialistiche alle scoperte scientifiche, dalle conquiste sociali alle tecnologie più avanzate, spesso, leggendo tra i documenti della nostra storia le notizie relative ai primati del Regno di Napoli, viene fuori un quadro inedito di una nazione che stava seguendo un suo percorso politico, sociale, economico e culturale coerente con le scelte delle sue classi dirigenti e con le aspettative dei popoli governati. In questa sede saranno segnalati sinteticamente i primati più significativi: in qualche caso si trattò di episodi importanti ma isolati della nostra storia, altri hanno costituito le basi e le premesse per ulteriori progressi.

 

 

      Tra i primati più famosi sono certamente da includere quelli legati ad alcune opere pubbliche realizzate intorno alla metà dell'Ottocento.

      Il 4 ottobre del 1839 fu inaugurata a Napoli la prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici. "Ad un segnale datosi dall'alto della tenda reale –scrive il Giornale delle Due Sicilie– parte dalla stazione di Napoli il primo convoglio composto di vetture sulle quali ordinatamente andavano 48 invitati, 60 ufficiali dell'Armata di Sua Maestà, 30 soldati di fanteria, 30 di artiglieria e 60 marinai dei nostri Reali Legni. E chiudeva il convoglio nell'ultima vettura la musica della Guardia Reale [...]. Giunto esso al Granatello tosto ne tornò alla stazione onde esso erasi mosso... Dopo questo primo viaggio vedesi dal preparato altare la solenne benedizione della nuova strada... Immediatamente le vetture del primo convoglio colla giunta della Vettura Reale partirono allora tutte vuote da porta Nolana e si fermarono sotto il ponte di Carrione dove Sua Maestà con la Real Famiglia prese posto nella Real Vettura e tutte i prelodati personaggi che facevano corteggio si collocarono nelle altre [...] tra lieta moltitudine di gente che festeggiando godevano del nuovo e gradevole spettacolo. Un grido di grata ammirazione si alzava dal popolo dovunque passasse il Re col suo magnifico convoglio [...]. Le popolazioni di Napoli e delle terre vicine accorrevano in grandissimo numero come ad uno spettacolo nuovo. Tutte le deliziose ville attraversate dalla strada si andavano riempiendo di gentiluomini e di dame vestite in giorno di festa...".
      Durante il viaggio la signora Cottrau, figlia di un funzionario pubblico, fu colta dalle doglie e a casa partorì il piccolo Alfredo, destinato a diventare un ingegnere specializzato proprio nella costruzione di linee ferroviarie
      (i 7.900 metri della strada erano stati costruiti in un anno:
      solo in ottobre l'avevano percorsa 57.779 persone;
      28.000 nei primi giorni di novembre.

      Le tariffe (molto basse) prevedevano
      "per i primi posti grani 5;
      per i terzi posti grani 3;
      bue, vacca, toro grani 6;
      cavallo o altro animale da tiro grani 3.5;
      vitello, montone, porco 1.5 grani;
      grani 12 per ogni cantara di mercanzia;
      grani 12 per vettura sopra piattaforma".

      Nel 1843 fu inaugurato il tratto Napoli-Caserta prolungato fino a Capua nel 1845;
      nel 1856 il tratto Nola-Sarno mentre era già stata prolungata la prima linea fino a Castellammare.
      I progetti di Francesco II non furono portati a termine e le difficoltà attuali di molte linee ferroviarie meridionali confermano le difficoltà incontrate dallo stesso governo borbonico nel miglioramento delle ferrovie e la loro lungimiranza nella valorizzazione dei trasporti marittimi.

      E c'è ancora chi racconta che quella ferrovia era stata voluta dal Re per svago personale.

 

 

      Strettamente legata alla ferrovia era la fabbrica di Pietrarsa, la prima fabbrica metalmeccanica d'Italia con i suoi 1.500 operai
            (l'Ansaldo di Genova ne occupava negli stessi anni 480,
            la FIAT di Torino non era ancora nata).
A Pietrarsa, infatti, venivano costruite anche le locomotive e le rotaie. L'antico stabilimento di cui si daranno notizie più approfondite nei capitoli successivi è attualmente sede di un Museo Ferroviario che conserva anche una ricostruzione della Bayard e dei vagoni della Napoli-Portici.

      Nell'aprile del 1832 era stato inaugurato il primo ponte in ferro in Italia sul Garigliano con un modernissimo traliccio metalli-co sospeso: lo stesso Ferdinando II, il giorno prima dell'inaugurazione, collaudò il "Ponte Ferdinandeo" sostandovi al centro mentre passavano al trotto due squadre di lancieri e sedici traini di artiglieria. Quattro gli anni di lavoro impiegati per 75.000 ducati e 68.857 chili di ferro.

      Certamente meno famoso un altro primato legato sempre alle opere pubbliche del tempo:
      la costruzione della prima locomotiva collinare a cura di Giovanni       Pattison, capace di superare pendii del 2,5% .
      Napoletano, inoltre, il primo faro lenticolare costruito in Italia.       Napoletano anche il primo telegrafo elettrico nel 1849.

      Sempre dai Borbone fu voluta la prima illuminazione a gas di una città italiana (nel 1839 e solo dopo Londra e Parigi).
      E sempre Ferdinando II aveva fatto scavare per la prima volta dei pozzi artesiani (2).

      Tra i primati sarebbero da considerare anche i lavori per i famosi e tragicamente attuali Regi Legni o quelli per l'alveo del Sarno nel maggio del 1858, che disegnarono l'assetto idrogeologico del territorio in maniera adeguata e sicura (3).

 

 

      Strettamente legato ai trasporti marittimi e alla grande e antica tradizione della nostra cantieristica, si lega un evento che costituì uno dei primati meno conosciuti ma forse più significativi, soprattutto per le prospettive che avrebbe potuto avere: il 16 aprile del 1833 partì da Napoli la "Francesco I", prima nave da crociera sicuramente per l'Italia e una delle prime al mondo. Preceduta da una campagna pubblicitaria simile a quelle attuali, si imbarcarono
      nobili, autorità, principi reali,
      13 inglesi, 12 francesi, 3 russi, 3 spagnoli, 2 prussiani, 2 bavaresi, 2 olandesi, 1 ungherese, 1 svizzero, 1 svedese, 1 greco (con funzioni che oggi potremmo definire magari di tour operator).
      In poco più di tre mesi la nave passò per Taormina, Catania, Siracusa, Malta, Corfù, Patrasso, Delfo, Zante, Atene, Smirne e Costantinopoli e tornò a Napoli: il tutto, come per gli attuali crocieristi, con escursioni e visite guidate, balli, tavolini da gioco sul ponte e feste a bordo.
      Uno degli ospiti, l'architetto francese Marchebeus, così descrive il suo viaggio: "Il mare era grosso da due giorni [...] avanzammo lentamente malgrado la forza dei 120 cavalli della nostra macchina e la notte ci sorprese con la minaccia di una tempesta. Il nostro bastimento suscitava sul suo cammino lunghe strisce di fiamme fosforescenti, ma pochi passeggeri erano in grado di interessarsi a questo fenomeno poiché quasi tutti erano in preda ad un orribile mal di mare. Quando il mare si placò nello stretto di Messina tutti tornarono arzilli come nulla fosse stato e sbarcammo a Messina dove in gran parte si fu invitati a un ballo offerto in onore del Re di Napoli allora giunto in città".
      E tra feste e incontri importanti (il Re di Grecia, il governatore di Malta, i sultani) "il più grande e il più bel piroscafo tra quelli che si son veduti sinora nel Mediterraneo" rientrò a Napoli a mezzogiorno del 9 agosto 1833. Sempre secondo il parere del cronista citato prima, "riassumendo, la prima crociera turistica che sia stata fatta, data l'epoca in cui ebbe luogo, per le persone che vi presero parte, pel programma-itinerario, per gli svaghi brillanti che l'accompagnarono, malgrado qualche inconveniente, può benissimo far dire: non si fa meglio oggi" (4).
      Le prime agenzie turistiche, del resto, a seguito degli scavi di Pompei ed Ercolano, si ebbero proprio nel Regno delle Due Sicilie e Napoli e Parigi erano le città con maggiore affluenza turistica tra Settecento e Ottocento (nel 1838 solo negli alberghi di prima categoria risultavano oltre 8500 nominativi di turisti) (5).

      Alla stessa tradizione legata al mare si legano alcuni dei primati più famosi:
      il Regno aveva la prima flotta mercantile e la prima flotta militare d'Italia. Del resto era stato il giurista Michele de Jorio, di Procida, a compilare il primo Codice Marittimo, più volte citato o copiato, già nel 1781: prima di allora ogni stato aveva regolamenti slegati sui vari settori della navigazione e del commercio marittimo (6).
      Il "Ferdinando I", poi, costruito a Napoli e partito da Napoli nel 1818, fu il primo piroscafo a solcare il Mediterraneo.
      A Castellammare era stata costruita la più grande corazzata italiana ad elica (il "Monarca", 3800 tonnellate).

      A questo proposito c'è da sottolineare la costituzione della prima compagnia di navigazione a vapore nel 1836 e, sempre nel Mediterraneo, a dimostrazione del fatto che i Borbone avevano già intuito l'importanza degli scambi culturali, economici e commerciali con i paesi di quell'area per il meridione d'Italia.
      Successivamente Ferdinando II, con un decreto che evidenziava l'incremento dei traffìci e la volontà di incrementarli ulteriormente, concesse protezioni ed esenzioni fiscali "a qualunque suddito o estero stabilintesi nel Regno che costruisse nei cantieri del medesimo o vi introducesse dallo straniero un battello a vapore per destinarlo alla marina mercantile" (7).
      Nacquero così la compagnia di Vincenzo Florio, quella di De Martino, la Società Calabro-Sicula e, nel 1853, quella Società Sicula Transatlantica del palermitano Salvatore De Pace che con il piroscafo "Sicilia", primo nel Mediterraneo, iniziò dei viaggi periodici in America in 26 giorni (8).

      Uno dei primi decreti di Garibaldi aggregò le navi mercantili e militari delle Due Sicilie alla flotta di Re Vittorio Emanuele.

      Il primo bacino di carenaggio in muratura, sempre per la stessa politica di valorizzazione della risorsa-mare, fu inaugurato a Napoli nel 1852 "tra grida fragorose di Viva il Re, agitar di fazzoletti, di cappelli e di sollevate palme, volare in aria e cader sulle onde di un nembo di giubbe, di berretti e di altrettali cose, non senza commozione e lagrime dei riguardanti [...] mentre le bande riunite suonavano l'inno borbonico"...(9).

 

 

      Tra le opere pubbliche e le conquiste sociali, invece, potrebbero essere considerate altre iniziative come la costruzione di orfanotrofi, ospizi, collegi, conservatori e strutture di assistenza e formazione che, per numero e per qualità, costituivano senza dubbio un primato a livello europeo.
       Tra i più famosi ed efficienti si ricordano senz'altro il Real Albergo dei Poveri di Napoli, una vera e propria città (1600 stanze) capace di ospitare formandole e avviandole al lavoro in diversi settori oltre 3000 persone,
      il Real Albergo dei Poveri d Palermo,
      il Collegio del Carminello a Napoli (addirittura con la possibilità di       stage all'estero per le allieve),
      il Reale Ospizio di san Ferdinando a Salerno,
      il Real Collegio Tulliano ad Alpino,
      il Real Orfanotrofio Maria Cristina a Bitonto,
      il Real Ospizio Francesco I a Giovinazzo,
      la Real Casa di mendicità a Sulmona,
      l'Istituto Principi di Napoli (primo esempio al mondo di recupero e formazione professionale dei ciechi),
      i primi istituti per sordomuti
(1835),
      il Reale Morotrofio di Aversa, primo e moderno ospedale psichiatrico italiano (e a questo proposito c'è da sottolineare anche l'alto grado di scientificità raggiunto dalla psicoterapia nel Regno).
      14 gli istituti d'istruzione media superiore,
34 i conservatori complessivamente per ragazzi e ragazze nella sola Napoli (10).

      Risultavano anche altri primati molto significativi:
      la più bassa percentuale di mortalità infantile
e la più alta percentuale di media per abitanti in Italia, percentuali interamente capovolte rispetto al resto della penisola italiana pochi anni dopo l'unificazione (11).

      Un vero e proprio sistema di "case popolari" applicato in maniera moderna per la prima volta in Italia, risultava sia a San Leucio presso Caserta che a Barletta (12).

      Anche se l'argomento non è tra i più ameni, non possiamo non citare un altro esempio di conquista sociale veramente all'avanguardia per i tempi:
      il 31 dicembre del 1763 fu inaugurato a Napoli, nei pressi di Poggioreale e su disegno di Ferdinando Fuga, il "Cimitero delle 366 fosse" (attualmente in pessime condizioni), "dove vadano a sotterrarsi i corpi di quelli che muoiono negli ospedali e di tutti coloro i quali per essere troppo poveri non possono portarsi nelle chiese";
      vent'anni dopo a Palermo veniva costruito il primo cimitero in Europa ad uso di tutte le classi socialie nel 1817
      sempre Ferdinando I ordinava la costruzione di cimiteri in tutti i comuni del Regno
in modo che "ai cittadini chiari nelle arti e nelle scienze, o per fatti di guerra si possa nei cimiteri innalzar monumenti od altro che valga a conservare la memoria sempre viva ed in pregio [...] e si permetta di porre una lapide in memoria dell'amico e del parente. Le virtù private sono quelle che formano le pubbliche virtù e chi non porta niuno amore alla sua propria famiglia non potrà giammai amare quella più ampia cui egli appartiene, la Patria"(13).

      Altro primato invidiabile a livello sociale, infine, fu la creazione di un sistema pensionistico per i lavoratori con una trattenuta del 2% sugli stipendi; tutti gli impiegati collocati a riposo con 40 anni più un giorno di servizio avrebbero ricevuto la totalità dello stipendio (14).

 

 


      Lungo anche l'elenco dei primati di carattere culturale e scientifico.
      Il teatro San Carlo, realizzato in appena 270 giorni dall'architetto Mediano e dalla ditta Carasale nel 1737, il primo teatro nel mondo per il prestigio delle stagioni teatrali e musicali e per la qualità dell'edifìcio e dell'acustica.
      Nel 1812 vi fu annessa la prima Scuola di Ballo in Italia.       Significativo del clima culturale del tempo anche il numero complessivo dei teatri e dei prestigiosissimi conservatori musicali in tutto il Regno.
      In questa sede non si possono non citare gli scavi di Pompei ed Ercolano, i più importanti scavi archeologia del mondo voluti da Carlo di Borbone e proseguiti dagli altri sovrani; significativa anche la sequenza delle istituzioni create parallelamente all'inizio degli scavi nel 1738;
      nel 1752 viene istituita la Stamperia Reale per illustrare con opportune pubblicazioni le antichità ritrovate negli scavi;
      nel 1753 furono rinvenuti i primi papiri ercolanesi e fu costituita un'Officina dei Papiri per lo studio e l'analisi;
      nel 1755 veniva fondata l'Accademia Ercolanese di Archeologia con i più famosi intellettuali del tempo;
      nel 1777 Ferdinando IV inaugurava il Real Museo Borbonico nel Palazzo dei Regi Studi (attuale Museo Archeologico Nazionale) per contenere tutto il repertorio museale antico del Regno, con i due grandi nuclei espositivi della Collezione Farnese e dei reperti di Pompei, Stabia ed Ercolano.
      La struttura ospitava anche le sedi della Reale Accademia Ercolanese, della Reale Accademia delle Scienze (1732, terza dopo quella di Londra e quella di Parigi) e della Reale Accademia di Belle Arti (1752, prima in Italia) costituendo il primo grande polo culturale italiano e uno dei più importanti poli culturali a livello mondiale.

      Nel 1752 era stata istituita la prima cattedra di astronomia in Italia e nel 1819 il primo Osservatorio Astronomico a Capodimonte.
      È del 1762 l'Accademia di Architettura, una delle prime e più prestigiose in Europa, inaugurata insieme a quella di Madrid per volere di Carlo di Borbone.
      Di grandissimo prestigio internazionale anche la Scuola di Cartografia: nel 1792 l'Atlante Marittimo Napoletano sostituì quello inglese.
      Nel 1801 fu inaugurato il primo Museo Mineralogico del mondo
mentre,
      successivamente, erano stati portati a termine o ampliati i progetti di Murat per l'Orto Botanico e il Museo di Antropologia e Zoologia, tra i primi al mondo.
      Tra i primi in Europa anche il Centro Sismologico Vesuviano. A proposito di sperimentazioni scientifiche all'avanguardia, non si possono non segnalare anche a questo proposito
      San Leucio con il suo ciclo produttivo completo che andava dal baco al prodotto finito o
      il centro di sperimentazione agricolo e pastorale nel sito Reale di Carditello presso Capua o
      gli stessi risultati raggiunti nell'allevamento dei cavalli: il cavallo di razza napoletana, infatti, fu a lungo una sorta di moderna "Ferrari" presso le corti di mezzo mondo per eleganza e capacità (collo di agno e zampe possenti).

      Nel 1860 fu approvato il primo piano regolatore per la città di Napoli e tra i primi piani di questo genere in Italia. Francesco II, infatti, pochi giorni prima di lasciare il Regno, diede le opportune indicazioni in materia urbanistica "tenuto conto dell'accresciuta popolazione e delle continue e straordinarie richieste di ampie località create dal grande sviluppo delle industrie, del commercio e della navigazione di questa atta capitale".
      Il progetto curato dall'architetto Sabatini prevedeva anche la creazione di un "centro direzionale" di Napoli proprio nell'area dove è stato realizzato circa 150 anni dopo, collegandolo con una linea ferroviaria "metropolitana" di cinque chilometri al centro storico (15).

      Tra industria e cultura qualche altro dato: erano 113 le stamperie attive nella sola capitale intorno al 1860; decine i giornali e le riviste scientifiche e culturali anche specialistiche (dal Bullettino Archeologico a quello di geografia, antesignano degli odierni periodici per viaggi e turismo, dall'Annuncio delle Scienze Chimiche e Farmaceutiche, al Propagatore delle scienze naturali, dallo Spettatore legale alla Gazzetta dei Tribunali, dall'Eco delle Industrie a L'industriale fino a L'amico dei Comici e dei Cantanti...); 400 i titoli pubblicati ogni anno (cifra più che considerevole anche per i nostri tempi); un centinaio addirittura i giornali e i giornaletti stampati poco prima della fine del regno e in gran parte "rivoluzionari" a dimostrazione della relatività della proverbiale severità della polizia borbonica (16).
      Non a caso, del resto, considerato il clima nel quale si sviluppavano la cultura e le scienze del tempo, nel 1845 fu organizzato proprio nella capitale del Regno delle Due Sicilie il VII Congresso Internazionale degli Scienziati.

 

 

 

      Molto significativi, infine, alcuni primati nel settore delle industrie e delle produzioni artigianali.
      Alla Mostra Industriale di Parigi nel 1856, il Regno delle Due Sicilie risultava essere la terza potenza industriale del mondo dopo Inghilterra e Francia, la prima in Italia.
      Alla stessa mostra le paste e i coralli vinsero il primo premio per la qualità dei prodotti.
      Se, come si è detto, la fabbrica metalmeccanica di Pietrarsa era la prima fabbrica metalmeccanica d'Italia,
      il cantiere di Castellammare era il più grande e moderno (oltre 2000 operai nel 1856).

      Da primato anche la produzione di carta (con le prime fabbriche motorizzate) e
      di guanti: fino a 700.000 dozzine di paia ogni anno (100.000 le dozzine prodotte da tutti gli altri stati italiani).

      Per concludere, poi, pochi ma significativi primati di natura economica:
      la prima cattedra di economia (affidata al Genovesi);
      la quotazione al 120% della rendita dello stato napoletano alla Borsa di Parigi nel 1860 (la più alta di tutti i paesi);
      il minore carico tributario erariale in Europa (17);
      dei 668 milioni di lire-oro, patrimonio di tutti gli stati italiani messi insieme 443 milioni erano del Regno delle Due Sicilie (18);
      la capitale del Regno, inoltre, risultava essere la città più popolosa d'Italia (447.065 abitanti rispetto ai 204.715 di Torino o ai 194.587 di Roma, come si rileva dal censimento del 1861);
1.189.582 gli addetti all'industria nel Mezzogiorno continentale secondo i dati del primo censimento italiano del 1861,
      2.569.000 quelli all'agricoltura,
      189.504 al commercio,
      130.597 i pubblici impiegati,
      534.485 i liberi professionisti,
      240.000 soldati e addetti alla pubblica sicurezza (si pensi che, fatte le necessarie proporzioni, in Piemonte e Liguria gli addetti all'industria erano 345.563, quelli all'agricoltura 1.341.867; in Lombardia 465.003 nell'industria, 1.086.028 nell'agricoltura).

      Significativi anche i dati relativi al movimento di importazione ed esportazione relativi agli ultimi anni del regno, per la forte tendenza positiva, tenuto anche conto del fatto che in quegli anni i prezzi di mercato subirono lievi ribassi e non aumenti:
      29.291.507 ducati dal 1845 al 1849,
      31.111.292 ducati dal 18450 al 1854,
      34.355.860 ducati dal 1855 al 1860 (19).

      Quasi a sintetizzare il quadro tracciato in queste pagine,
      non si conosceva la parola "emigrazione"
nel Regno delle Due Sicilie, a differenza di molti altri paesi del resto dell'Italia e di quanto poi doveva accadere subito dopo l'unificazione.

 

 

      

NOTE

        (1) M. Vocino, Primati del Regno di Napoli, Napoli, s.d., p. 150
        (2) R. de Sanctis, La nuova scienza a Napoli tra il '700 e l'SOO, Bari, 1986
        (3) Storia di Napoli, voi. IX, Cava dei Tirreni, 1972, p. 234
        (4) A.Marchebeus, Vojage de Paris a Costantinople par bateau a vapeur, Paris, 1839
        (5) Giornale delle Due Sicilie, Napoli, 20 maggio 1850; C. Ferrino, Considerazioni sull'unità d'Italia, Mantova, 1998, pp. 50-52
        (6) Michele de Jorio, Codice Ferdinandeo o Codice marittimi compilato per ordine di S. M. Ferdinando IV Re delle Due Sicilie, Napoli, MDCCLXXXI, voli. 4
        (7) Decreto Reale del 24 luglio 1839
        (8) F. Durelli, Cenno storico di Ferdinando II, Napoli, 1859, pp. 230, 231; D. Capecelatro Gaudioso, 1860 crollo di Napoli capitale, Napoli, 1972, pp. 195-198
        (9) "Poliorama Pittoresco", 16 agosto 1852
        (10) Napoli e sue vicinanze, Napoli, 1845, pp. 25-26
        (11) G. Berlinguer, Vitalità, Roma, 1970; M. de Luzemberger, San Giuseppe a Ghiaia e Carminello al Mercato, Napoli, 2001, pp. 89-101.
        (12) M. Vodno cit., p. 22 e sgg.; Ferdinando IV di Borbone, Origine della Popolazione di San Leucio, e suoi progressi fino al giorno d'oggi colle leggi corrispondenti al buon Governo di essa, Napoli, Reale Stamperia, 1789, rist.1816, introduzione (contiene lo Statuto di San Leucio, redatto personalmente dal sovrano).
        (13) A. Orlandi, Memorie del Sud, Bari, 1997, p.119.
        (14) Decreto Reale del 22 marzo 1823 e cfr. Guido Landi Istituzioni di diritto pubblico del Regno delle Due Sicilie (1815-1861, Milano, 1977, pp. 238, 239
        (15) Decreto Reale del 28 aprile 1860, n. 676
        (16) Piero Antonio Toma, Giornali e giornalisti a Napoli, Napoli, 1999, pp. 69-71
        (17) G. Meo, Sui tributi nel Regno di Napoli
        (18) F. S. Nitti, Scienza delle finanze, Roma, p. 292
        (19) D. Capecelatro Gaudioso, Crollo di Napoli capitale cit., pp. 206-207 (da una statistica della Camera di Commercio contenuta in una relazione del 1865)

 

 

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