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«The Passion» debutta in Usa. Ieri in 2800 sale il kolossal sulle ultime ore di Gesù: code interminabili e spettatori entusiasti. Manifestazioni contro «Gibson antisemita». Donna stroncata da un infarto durante una proiezione

Gli Ebrei americani mettono in croce il film The Passion

Dal Corriere della Sera del 25 febbraio 2004

Su segnalazione di centrostudi.federici@tiscali.it

       NEW YORK - Code interminabili di fan che sfidano la pioggia e il freddo per essere i primi a vedere il film all'alba, prima di andare al lavoro. Manifestazioni di protesta nelle grandi città -con i quartieri ebraici presidiati dalla polizia- e un battage a tappeto sulle prime pagine dei giornali, alla radio e in tv, secondo gli addetti ai lavori «senza precedenti nella storia di Hollywood».
Non poteva essere insomma più ad alto profilo l'esordio di Passion di Mel Gibson, che ha debuttato ieri in 2800 cinema Usa, seguito da uno strascico di polemiche sempre più incalzanti. Mentre negli Stati del centro-sud il film, (tutto esaurito per settimane) ha generato ciò che molti fedeli cristiani hanno definito «happening purificatori di massa», alle 13.30 di ieri, a Manhattan, si potevano ancora acquistare biglietti per la proiezione delle 20 attraverso il numero verde del botteghino.
E sempre a Manhattan alcuni membri della «Amcha Coalition for Jewish Concerns» hanno picchettato il Loews Theatre, indossando le uniformi dei prigionieri di Auschwitz. «Questo film nasce dalla stessa teologia che ha dato origine all'Olocausto», spiega il rabbino Shmuel Herzfeld, presidente dell'organizzazione. Mentre migliaia d'americani, al mercoledì delle ceneri, emergevano «rinnovati» e «redenti» grazie al «capolavoro di Gibson» (ma una donna in Kansas, durante la violenta scena della crocifissione, è stata stroncata in sala da un infarto), i media rilanciavano gli attacchi.
«Passion è un film di orrore e squartamenti alla Pulp Fiction e Kill Bill di Quentin Tarantino», punta il dito il «New York Times», mentre per il «Daily News» «è il film più violentemente antisemita dai tempi delle pellicole di propaganda nazista della Seconda Guerra mondiale» e per il «Washington Post» «la sua brutalità è quasi pornografica». Caustico anche il «Los Angeles Times», che fa uno strappo alla regola, pubblicando la recensione in prima pagina. «La tesi degli ebrei deicidi non è menzionata in maniera passeggera da Gibson, ma è alla base stessa di tutto il film», punta il dito il quotidiano, ricordando come «proprio la nozione di "colpa del sangue" ha provocato indicibili sofferenze, persecuzioni e morte per 2000 anni».
Il timore che il film possa innescare nuove violenze antisemite è tale che un deputato di New York, Edolphus Towns, ha ottenuto una maggiore presenza di polizia nei quartieri ebraici di Brooklyn per evitare scontri come quelli tra neri ed ebrei hassidici che nel ’91 misero a ferro e fuoco Crown Heights. «Le nostre squadre speciali munite di mitra e giubbotti antiproiettile faranno incursioni a sorpresa nelle zone calde», conferma Michael Coen, portavoce del Dipartimento di Polizia. Persino l'influente cardinale Egan interviene a raffreddare gli animi: «Gli ebrei non hanno colpa nella morte di Gesù -ammonisce- Cristo ha dato la vita per noi, nessuno gliel'ha tolta. Questa è la vera dottrina cristiana».
Dozzine di leader cattolici, greci ortodossi, ebrei e protestanti hanno ripetuto questo mantra nel corso di riunioni interreligiose organizzate d'urgenza in varie città per arginare l'«effetto Passione». «Un film che mina 40 anni di dialogo -si lamenta Emily Soloff, portavoce dell'American Jewish Committee- anche perché la famigerata maledizione sul popolo ebraico per il Deicidio, pronunciata da Caifa, finirà sia sulle versioni dvd che in quelle doppiate per il mercato straniero».
Mentre sulle bancarelle comincia già ad apparire la Passion-mercanzia, Hollywood è come stregata dal ciclone Gibson. «Ha fatto un colpo ammirevole», dichiara Clint Eastwood alle tv, mentre Michael Douglas, che non ha ancora visto il film, lo ha ribattezzato «un'opera di marketing da veri geni».

Corriere della Sera

 

 

 

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