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XIV

COME CHIAMARE LIBERTÀ LA PIÙ ESTREMA SCHIAVITÙ. CERCHIAMO L'INGHIPPO

       Considerando a questo punto il "reato" di "razzismo e xenofobia", propugnato dal Consiglio dell'Unione Europea, correlato su scala italiana alle citate leggi Mancino e Turco-Napolitano32 e su scala mondiale e ONUsiana alla del pari citata convenzione di New York del 7 marzo 1966, ci pare importante soffermarci sulla sua "ratio", vale a dire sugli obiettivi che esso si prefigge.


32 Il discorso, ovviamente, mutatis mutandis, vale anche per gli altri Stati dell'Europa occidentale dove, come si è detto, sotto altri nomi, vigono analoghe normative.

       Non parliamo qui della vera, inconfessabile ratio - la schiavizzazione universale - di cui ci siamo ampiamente occupati, ma di quella apparente, che serve a coonestare di fronte all'opinione pubblica e persino ai parlamentari e ai giuristi dei vari Paesi la nuova, inaudita legislazione che rade al suolo tutte le procedure e stravolge dalle fondamenta il concetto stesso di diritto e con esso le nozioni di giusto e di ingiusto. Tale ratio risulta chiaramente dal citato articolo 3, 1° comma, lettera a) della "Proposta di decisione quadro sulla lotta contro il Razzismo e la Xenofobia": proibendo per legge e sotto pene severe ogni "avversione" fra gli esseri umani determinata da qualsiasi motivo, razziale, etnico, nazionale e soprattutto fondata su motivi religiosi o comunque sulla diversità dei "convincimenti", si stabilirà ovunque - promette il legislatore europeo - il regno della fratellanza universale, dell'amore e della pace. In tal modo l'Europa prima e il mondo poi, unificati al di là e al di sopra di ogni contrasto possibile e immaginabile, distrutte le linee di confine segnate dalle stirpi, dalle lingue, dalle tradizioni e dalle religioni, diventerà un vero e proprio paradiso terrestre: un paradiso garantito dal mandato di arresto internazionale e da una congrua rete di campi di concentramento, di carceri, di furgoni, aerei e piroscafi cellulari che toglieranno di mezzo i "cattivi" pervicacemente legati alle "discriminazioni" e alle "distinzioni". È in questo ordine di idee che nella premessa alla sua proposta sul mandato d'arresto il Consiglio dell'Unione Europea afferma che tale istituto ha per scopo quello di fare della U.E. "uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia" (pag. 3).
       A tale riguardo - e qui torniamo alla ratio occulta - abbiamo appena ricordato come proprio la discriminazione o distinzione tra vero e falso, bene e male, giusto e ingiusto, diritto e delitto, dovere e colpa, lecito e peccaminoso, discriminazione che deve cominciare dal proprio interno dando luogo a dolorosi ma salutari conflitti spirituali, costituisca la premessa indispensabile di ogni progresso individuale, sociale, conoscitivo e scientifico dell'uomo, indissolubilmente collegata alla sua natura di essere razionale. Vietare all'uomo la distinzione significa - nell'attuale clima di confusione è opportuno ripeterlo benché si tratti di un'osservazione ovvia - vietargli di essere uomo. Il punto, però, che qui ci preme individuare, nel contesto del citato articolo 3, comma 1°, lettera a) della proposta in materia di "lotta contro il razzismo e la xenofobia", è dove consista l'inghippo che, con capovolgimento veramente diabolico, consente al legislatore europeo di presentare come ricetta di pace, libertà e giustizia un marchingegno pseudogiuridico che invece, considerato in prospettiva ONUsiana, e quindi non solo europea, ma mondiale, è strumento di guerra illimitata all'umanità in quanto tale, di schiavizzazione universale e di ingiustizia eretta a sistema. Per meglio comprendere riprendiamo in mano, riducendola alla sua parte essenziale, la definizione di "razzismo e xenofobia" contenuta nel detto articolo:
       "si intende per "razzismo e xenofobia" il convincimento che… i convincimenti.. siano fattori determinanti per nutrire avversione nei confronti di singoli individui o di gruppi".
       Il trucco non solo c'è ma, a dirla chiara, è estremamente grossolano. Si prendono infatti le mosse da una premessa implicita, ma chiarissima, che è essa stessa, a sua volta, un "convincimento": quello, cioè, secondo cui tutti gli altri "convincimenti" avrebbero gli stessi "diritti" e lo stesso valore, onde nessuno di essi, tramite i suoi fautori potrebbe "avversare" quelli contrastanti e quindi contrapposti proponendosi come più giusto, e, come tale, più vero. Vengono così banditi come delittuosi nel nome del "convincimento" più intollerante che si possa immaginare, tutti gli altri convincimenti, e con essi la polemica e la critica. In pari tempo viene cancellata, pure come delittuosa, la distinzione-discriminazione fra giusto e ingiusto, bene e male, vero e falso.
       È il relativismo integrale e totalitario eretto a filosofia obbligatoria di stato e a sistema di governo. Non è chi non veda, ove ben ci rifletta, come questo "convincimento" sia estremamente comodo e vantaggioso per chi detiene il potere perché criminalizza ogni critica che potesse essergli rivolta, ogni polemica sulla giustizia o ingiustizia del suo operare. A questo riguardo è importante sottolineare che, rispetto a tutti gli altri "convincimenti" religiosi o ideologici che pur pretendono di imporsi come esclusivi e respingono il principio democratico e maggioritario, esso presenta per i detentori del potere un impagabile vantaggio. Infatti chi è preposto a un sistema che afferma essere oggettivamente giusto e vero, e quindi sottratto ai gusti mutevoli delle maggioranze, sia pur esso l'islamismo integrale nella forma instaurata in Afghanistan dai talebani, resta sempre obbligato e vincolato da una ortodossia religiosa o comunque ideale da cui non può scostarsi sotto pena di venir delegittimato e abbattuto come deviante e traditore. All'interno del sistema, insomma, permane una legittimità di critica e di giudizio su parametri sicuri e ben definiti. Per il Consiglio dell'Unione Europea, invece, questo grave inconveniente non esiste. Infatti, dal momento che ogni programma, e quindi ogni politica, non può essere denunciata come ingiusta e pertanto criticata e "avversata" sotto pena di incorrere nei rigori previsti dalla legge sul mandato d'arresto europeo nell'ambito dello "spazio di libertà, sicurezza e giustizia" da esso garantito, qualunque scelta del potere eurocratico sarà inconfutabile e qualunque convincimento, e quindi principio religioso, morale e filosofico, bandito. Nell'Unione Europea il pensiero in quanto tale è già delitto.
       Osserviamo, a conclusione di questo capitolo, che un sistema che, tutto relativizzando, nega in linea generale e di principio il concetto di verità, e con esso, necessariamente, anche quello di giustizia da esso inscindibile, - perché giusto è ciò che è conforme a giusti, e quindi veri principî - non può essere che un sistema fondato sulla menzogna e sulla ingiustizia. Inoltre la negazione del fondamentale principio logico di non contraddizione - che discrimina tra vero e falso ed è quindi la base imprescindibile di ogni ragionamento - significa negazione della ragione.
       Un monito: attenzione a non ritenere paradossali questi ragionamenti. Paradossale è il principio, rectius, l'anti-principio che anima i deliri del legislatore europeo: le conseguenze che paiono (e che sono) follia, rappresentano solo il logico sviluppo di questo pensiero. In fondo anche chi visse il comunismo ed il nazionalsocialismo spesso non capì ciò che stava avvenendo: vivendo la storia dall'interno il diffuso difetto di miopia che inevitabilmente affligge un po' tutti (è necessario e doveroso uno sforzo per guardare le cose con un certo distacco) impedisce di vedere dove portano certi principi. In questi casi chi scivola lo fa lentamente, senza accorgersene, trascinato dalla marea.

 

XV

ANCORA SULLA COSTITUZIONE ITALIANA: REQUIEM PER UN DEFUNTO

       Le considerazioni svolte negli ultimi due capitoli con riferimento al "reato" di "razzismo e xenofobia" di cui si è vista l'importanza, per non dire la centralità, nel sistema disegnato dalla proposta sul mandato di arresto europeo, ci inducono a tornare brevemente sul tema della Costituzione italiana nel contesto comunitario, già affrontato al capitolo II di questa sezione. Appare infatti evidente da quanto si è detto che la proposta di decisione quadro sul mandato di arresto europeo correlata a quella sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia - peraltro, come si è visto, sotto questo aspetto già anticipata in Italia dalla (per ora quasi silente) legge Mancino - comporta non solo l'abrogazione, ma addirittura il capovolgimento dell'articolo 21 della Carta costituzionale. Il primo fondamentale comma di quell'articolo, infatti, così suona:
       "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con le parole, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".
       Alla luce delle considerazioni svolte nei due richiamati capitoli è incontestabile che esso, per riflettere fedelmente il panorama comunitario che, se non vi saranno salutari risvegli, ci attende fra breve, andrebbe così riscritto:
       "Nessuno ha il diritto di manifestare liberamente i propri convincimenti né con la parola, né con lo scritto, né con qualsiasi altro mezzo di diffusione".
       Peccato però che l'articolo 21 nella sua attuale formulazione costituisca la premessa indispensabile dell'intero sistema democratico, caduta la quale di tale sistema non restano più neppure le macerie. Con la pratica abrogazione dell'articolo 21, invero, viene svuotato di ogni serio contenuto anche l'articolo 18, che è la norma che legittima la fondazione e l'esistenza dei partiti politici. Tale articolo, infatti, stabilisce che "i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente senza autorizzazione per fini che non sono vietati dalla legge penale".
       Tutto filava liscio finché tale legge perseguiva il furto, l'omicidio, lo stupro e via discorrendo. Oggi, però, che la nuova legge penale antirazzista e antixenofoba, ma soprattutto antidiscriminatoria, criminalizza tutti i "convincimenti" in quanto fonti di "avversione", se non alle persone, quanto meno ai "gruppi" che professano idee contrastanti, se ne deve dedurre che nell'area di "libertà, sicurezza e giustizia" dell'Unione Europea, le associazioni che potranno venire "liberamente" costituite saranno quelle bocciofile, quelle per la pesca sportiva, i circoli di bridge e gruppi affini. In questo contesto non vi sarà più posto per partiti, sindacati e associazioni di pensiero, con la relativa dialettica e le conseguenti contese, in particolare quelle elettorali.
       Se il governo di Bruxelles vorrà mantenere a scopo meramente illusionistico delle parvenze di partiti politici, essi dovranno ridursi a semplici etichette del tutto prive di contenuti ideali e anche programmatici, e la scelta degli elettori dovrà risolversi in una preferenza di mero gusto sulla presenza fisica e la simpatia dei candidati e soprattutto sulla capacità suggestiva delle campagne pubblicitarie che li supportano. Ammesso e non concesso che tali preferenze, che comportano pur sempre una certa contrapposizione, e quindi "avversione", non vengano alla fine catalogate da qualche giudice di qualche parte dell'U.E. fra i "convincimenti" da reprimere in quanto tali.
       L'espressione lotta politica scomparirà così dall'orizzonte lasciando il posto esclusivamente, secondo il titolo della proposta in materia, alla "lotta contro il razzismo e la xenofobia", intesa nel senso che si è visto, vale a dire - si ripete - di lotta contro tutti i "convincimenti".
       Possiamo dunque tranquillamente concludere e ribadire che la legislazione penale europea svuota e travolge la Costituzione italiana non solo nella parte concernente i diritti della persona, ma anche nelle sue stesse strutture istituzionali. I parlamenti, infatti, soppressa la dialettica dei partiti fondata sulla reciproca contrapposizione - e quindi "avversione" dal momento che i gruppi politici per prevalere nelle contese elettorali non possono non "avversarsi" - ammesso che vengano lasciati in vita, si ridurranno a pallidi fantasmi.
       Tutto ciò ricorda incredibilmente da vicino il romanzo dello scrittore massone (anche qui, guarda caso) George Orwell33: 1984, la prefigurazione di un sistema tirannico, ossessivo, controllato dal Grande Fratello, dove tutto è stabilito, fissato, dove nessuno può dire o pensare diversamente da come vuole il Partito, dove esiste lo psicocrimine, categoria di reato che in U.E., sotto mentite spoglie, inizia già ad affermarsi con prepotenza.


33 Sulla militanza massonica di Eric Blair, in arte George Orwell, si veda Epiphanius, "Massoneria e sette segrete: la faccia occulta della storia", ed. Ichthys, Albano Laziale 2002, pag. 401.

 

XVI

L'ANTICRISTIANESIMO COME PROGRAMMA E IDEOLOGIA DELL'U.E. - LE PROVE: L'U.E. FINANZIA L'ATROCE E LIBER-TICIDA POLITICA DI LIMITAZIONE DELLE NASCITE E DI INFANTICIDIO DELLA CINA COMUNISTA. - L'U.E. PER L'EU-TANASIA. - L'U.E. PER L'OMOSESSUALITÀ, LA PEDERASTIA E LA PEDOFILIA. - GLI "ORIENTAMENTI SESSUALI" DELL' U.E. E IL MANDATO D'ARRESTO EUROPEO: PROSPETTIVE INQUIETANTI

       Abbiamo visto che il citato articolo 3, comma 1°, lettera a) della "Proposta sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia" inquadra nel contesto di tale "delitto" previsto come causa di estradizione dal mandato di arresto europeo, "il convincimento che… la religione… sia fattor(e) determinant(e) per nutrire avversione nei confronti… di gruppi". Sul significato assai ampio della parola "avversione", sostantivo corrispondente al verbo "avversare", ci siamo già soffermati al capitolo XIII.
       Sempre in quella sede abbiamo fatto rilevare come l'"avversione" verso religioni o ideologie, e quindi verso "gruppi" religiosi o ideologici professanti dottrine diverse e contrapposte, sia inscindibile da ogni convincimento ed in particolare da ogni religione. Riferendoci più specificamente al Cristianesimo abbiamo osservato come esso non possa non "avversare", a titolo di esempio, non solo la morale satanista, ma anche quella pagana, quella castale e politeista hindù che, a tacer d'altro, considera milioni di uomini, i cosiddetti "paria", esseri spregevoli e intoccabili, e quella islamica, e con esse le teologie che a tali morali sono sottese. Questa "avversione" a morali e teologie considerate erronee, per non dire aberranti, si risolve innegabilmente in avversione contro le religioni che praticano tali morali e, professando tali teologie, si identificano con esse.
       Ma il cristianesimo non può essere neutrale neppure di fronte a ideologie, o anche a dottrine non erette a sistema e quindi meno totalizzanti. Ci si domanda invero: come può un cattolico, senza con ciò stesso abdicare alla propria fede, o comunque senza tradirla, non "avversare" l'ateismo marxista, e quindi i partiti marxisti, il razzismo neopagano nazionalsocialista, e quindi il partito nazista, i "gruppi" abortisti, quelli favorevoli all'eutanasia o quelli che propugnano la liberalizzazione delle droghe o addirittura ne esaltano l'uso considerandole strumenti di illuminazione mistica?
       Ci troviamo, insomma, di fronte alla criminalizzazione della religione in quanto tale, in perfetta sintonia con la legge Mancino. Con una differenza però: che mentre quest'ultima, malgrado il suo delirio punitivo, colpisce pur sempre delle condotte, sia pure costituite da normali e ragionevolissimi, o addirittura doverosi discorsi (si pensi all'esempio di un padre che si adopera per convincere la figlia a non sposare un islamico e quello di un genitore che in base ai propri principî morali, a scanso di equivoci e senza per questo criminalizzare anticipatamente nessuno, ammonisce il proprio figliolo a non frequentare gli zingari, incitandolo così alla "discriminazione" per motivi, almeno lato sensu, religiosi), il legislatore europeo, andando al di là persino di questi estremi, condanna e punisce semplici "convincimenti" e quindi non solo la manifestazione del pensiero ma anche il pensiero proprio in quanto pensiero, e quindi pur se non esplicitato in discorsi discriminatorî.
       Qual è la differenza immediata fra le due normative, in pratica? Che in Europa, siccome il cattolicesimo implica di per se stesso il "convincimento" che le altre religioni e le altre morali sono false e devianti (non ha forse detto Gesù "Chi non è con me è contro di me"? e non dicono forse tanto l'Antico quanto il Nuovo Testamento che "gli dèi dei pagani sono demonî"?) ne consegue che il solo fatto di essere cattolici, o comunque cristiani, costituisce delitto, senza bisogno di ulteriori prove ed indagini, e che per il diritto penale comunitario il cristianesimo è di per sé un "gruppo razzista e xenofobo" cui è delitto aderire e le cui attività sono "criminali" (art. 4, lettera f). Certo, come si è già detto, criminalizzare tutti (o comunque anche solo la maggioranza religiosa di un paese) non significa poter punire tutti, ma intanto la criminalizzazione del cristianesimo è un dato assodato. Decideranno poi l'U.E., i suoi giudici, le sue "lobbies", chi disturba e va punito e chi no.
       A questo punto il lettore che ci ha seguiti fin qui potrà forse chiederci: "Perché insisti tanto sul cristianesimo dal momento che, come tu stesso hai dimostrato, ciò che hai detto di esso può essere riferito, e anzi certamente sarà riferito, a qualsiasi altra religione o "gruppo" raccolti intorno a una dottrina; tanto più che l'articolo in esame parla di avversione non a tutti gli altri gruppi, religiosi o dottrinali, ma a "gruppi" indeterminati e quindi anche a due o tre gruppi soltanto?"
       La risposta a questa obiezione è che le due proposte del Consiglio dell'Unione Europea che stiamo considerando si riferiscono appunto all'Europa, e cioè a un'area di civiltà il cui comune denominatore è costituito dal Cristianesimo, onde la religione che in linea primaria, anche se non certo esclusiva, ci si appresta a perseguitare non può essere che quella cristiana, come si vedrà meglio e con maggior concretezza più avanti esaminando i furori politici anti-cristiani della europarlamentare socialista Izquierdo Rojo.
       Abbiamo del resto già visto la coincidenza fra l'ideale massonico (la fine delle grandi religioni, delle razze, delle culture, delle specificità) e l'azione dell'Unione Europea, da noi perciò definita "tomba dei popoli": estinguere, in un mescolone confuso di stirpi e di culture, all'insegna di un illimitato relativismo, ogni tradizione, e con essa ogni gerarchia condivisa di valori, e quindi ogni preciso riferimento morale e religioso. Tale riferimento costituirebbe in effetti un insormontabile ostacolo all'onnipotenza della tecnocrazia europeista. Considerato sotto questo aspetto il melting pot etnico e razziale è subordinato e solo strumentale rispetto a quello religioso ed etico, onde ben si può dire che la lotta contro il razzismo e la xenofobia si risolve in realtà in gran parte in una inconfessata e per il momento ancora inconfessabile lotta - meglio sarebbe dire persecuzione - contro la religione e la tradizione, e in particolare contro la religione e la tradizione cristiane che - si ripete - costituiscono il fondamento dell'identità e della civiltà europea. La combinazione fra questa "lotta" ed il mandato di arresto comunitario fornirà agli eurocrati lo strumento per colpire e distruggere qualunque resistenza (ispirata ai principî cristiani, anche se meramente dottrinale e interiore) dovesse essere opposta al rullo compressore e polverizzatore del pensiero unico, privo di "convincimenti" e, come tale, incapace di giudizî etici, e pertanto anche politici. Tali giudizî invero (ci sia concessa questa ripetizione, ma si tratta di un concetto essenziale per comprendere quale sia il reale obiettivo della conclamata lotta contro il razzismo e la xenofobia) sbiadiscono sempre più, quando, in un contesto generale di relativismo prodotto dalla reciproca contaminazione, elisione e neutralizzazione di concezioni religiose ed etiche contrastanti e sotto l'etichetta ingannevole e buonista del "politicamente corretto", tende a scomparire nella collettività la capacità di discriminare fra vero e falso, e quindi anche fra bene e male, giusto e ingiusto. Il risultato a cui mira questa operazione è quello che qualunque provvedimento del potere europeista, per quanto iniquo, liberticida e mostruoso non trovi la minima resistenza neppure a livello interiore da parte di una popolazione non solo socialmente ma anche spiritualmente e mentalmente disgregata.
       Si aprirebbe a questo punto il discorso sulla nuova e sincretistica religione detta del New Age o della Nuova Era, finanziata e diffusa dal potere mondialista, che è alla base di questa assurda, perché intimamente contraddittoria, concezione del vero e del bene. Il suo contenuto in sintesi è il seguente: la verità è che non vi è distinzione fra verità ed errore, e pertanto neppure fra bene e male, giusto e ingiusto, onde chiunque sostiene che esistono l'errore e il male è in errore e discrimina. Discriminando egli semina contrapposizione e quindi "avversione" e discordia; egli è dunque un malfattore, un fattore, un autore di male e va pertanto punito.
       Il discorso ci porterebbe troppo lontano, per cui rinviamo il lettore che volesse approfondirlo a studî specifici in materia34. Ci limitiamo qui ad osservare di sfuggita che il ragionamento distorto che abbiamo testé esposto evoca l'immagine di un serpente che si morde la coda. Ora il serpente che si morde la coda (in greco "ouroboros") è precisamente uno dei principali simboli della religione New Age.


34 L'autore di queste pagine si è reiteratamente occupato del New Age, tema di cui è difficile sopravvalutare l'importanza, in collaborazione con altri autori ["Atti dei convegni di studi cattolici di Rimini", anni 1993, 1994, 1995 e 1996, ordinabili presso "Priorato Madonna di Loreto", via Mavoncello 25, Spadarolo (frazione di Rimini)]. Ci limitiamo qui a considerare che l'edonismo, vale a dire il culto del piacere, cancellando progressivamente il senso del peccato, e con esso la distinzione fra lecito e illecito, giusto e ingiusto, contribuisce potentemente alla diffusione del relativismo, e quindi alla schiavizzazione di un'umanità priva di parametri di giudizio. È in quest'ottica che si spiega la pornografia che dilaga nei programmi televisivi, negli spettacoli cinematografici e nella stampa, complice, anzi artefice lo stesso Stato che peraltro, così facendo, si suicida. È poi evidente che l'edonismo, tutto incentrato sul piano fisico, e quindi materiale, è via sicura al materialismo filosofico, che si risolve nella negazione della trascendenza al di là dell'immanenza, e pertanto del dover essere al di là e al di sopra dell'essere sensibile. Esso rende così impossibile la distinzione fra giusto e ingiusto, bene e male, distinzione che non può farsi se non sulla base di un parametro ideale, e pertanto universale ed astratto, trascendente appunto, che si assume come metro di giudizio del particolare concreto, e quindi del fatto o della situazione specificatamente presi in considerazione.
       Materialismo e relativismo edonistico sono dunque due facce della stessa medaglia. Il materialismo relativista che ispira l'Unione Europea, ne rivela poi la profonda affinità col marxismo, pure essenzialmente e dichiaratamente materialista, e con le sue radici ideali che affondano nell'illuminismo settecentesco. Nel prosieguo di questo studio avremo modo di verificare tale affinità proprio sul piano legislativo, riscontrando i precedenti storici del mandato di arresto europeo nella Rivoluzione francese e in quella comunista.
La matrice illuministica e anticristiana dell'Unione è venuta clamorosamente a galla in questi giorni, quando il "Presidium" della Convenzione preposta alla redazione della Costituzione europea ha presentato un "Preambolo" a tale documento in cui, parlando delle radici storiche dell'Europa, non si fa il minimo cenno al Cristianesimo, che pure ha fondato l'unità spirituale e culturale del continente, e invece si citano le "correnti filosofiche dei Lumi" (si noti la riverente maiuscola) correnti di cui è ben individuata l'origine massonica (cfr. "Avvenire", 29.5.2003, pag. 3). Il successivo compromesso, anche se ha cancellato questo esplicito richiamo, ha comunque mantenuto fermo il rigoroso, illuministico bando alla parola "Cristianesimo".


       L'avversione anticristiana che costituisce il minimo comune denominatore di un ampio schieramento politico trasversale di stampo illuministico, si manifesta poi con chiarezza, e senza pretese esoteriche, in molte ed assurde linee politiche in palese contrasto con i principi cardine delle democrazie moderne. Come può, in democrazia, una minoranza ideologica e/o religiosa pretendere, e con prepotenza, "democraticamente", l'eliminazione dei crocifissi dalle scuole, contro l'orientamento religioso di gran lunga dominante di un Paese? O analogamente spingere per impedire l'esposizione dei presepi in luoghi pubblici a Natale; fare divieto di cucinare carni di animali impuri (in senso religioso) nelle mense scolastiche; riservare orari particolari per l'uso delle piscine pubbliche a favore delle donne islamiche (che ovviamente non debbono essere viste dagli uomini). Alcuni parlamentari, poi, mostrano atteggiamento indulgente per pratiche come l'infibulazione. Tutto ciò contrasta palesemente anzitutto con il principio di democrazia, nel nome della quale, contraddittoriamente, una minoranza ideologica o, sempre più, anche religiosa (numericamente infima o comunque grandemente minoritaria, e spesso estranea alla civiltà ed alla terra di cui è ospite) impone regole o stabilisce divieti stravolgendo tradizioni, abitudini, espressioni di civiltà della maggioranza. In secondo luogo contrasta spesso con principi di civiltà comuni, anche se intesi in accezioni essenzialmente diverse, al concetto cristiano ed anche a quello laico di dignità e libertà dell'essere umano: si parla qui di molte pratiche religiose islamiche che comportano la schiavizzazione della donna (per incidens, queste valutazioni anti-islamiche di per sé sarebbero già reato).
       In terzo luogo il contrasto più flagrante e grave si evidenzia nelle contorsioni ideali di quel vastissimo schieramento trasversale di cui sopra, che dopo aver combattuto con violenza, come espressione di oscurantismo, determinati valori cattolici (ad es. quelli in tema di morale sessuale) oggi concede ad es., come si diceva, l'uso separato delle piscine a favore delle donne islamiche. Quegli stessi campioni di libertà che schernivano l'ideale cattolico di pudicizia, oggi tacciono e assai spesso persino difendono la "cultura religiosa" islamica. Di quella cultura in nome della quale, a tacer d'altro, moltissime donne musulmane vengono costrette nel più comune dei casi a vestirsi perennemente e letteralmente da suore e ad uscire di casa d'estate, lungo le bollenti vie delle nostre città, coperte in maniera disumana da capo a piedi, con impenetrabili paludamenti, non di rado neri.
       In questo humus "democratico" ed "equilibrato" di stampo illuministico, è intuitivo quale valore assuma l'anticristianesimo di fondo delle "lobbies" europee, anche di quelle più essoteriche. Ed è intuitivo anche quale serenità di giudizio possa avere nei confronti del cristianesimo (e comunque dei futuri imputati per reati religiosi di opinione) chi parte dal presupposto che credere in una religione, distinguere e perciò discriminare - dunque pensare - sia un crimine.

* * *

       Che l'anticristianesimo costituisca una delle principali, per non dire la principale caratteristica dell'U.E., risulta con evidenza da tutta una serie di provvedimenti di inequivocabile significato. Basti pensare al tema dell'aborto, condannato dalla Chiesa come omicidio di un innocente e quindi come grave delitto, e propugnato invece dagli organismi comunitarî come un importante diritto la cui pratica va estesa anche a costo di sacrifici finanziarî. A questo riguardo qualche lettore forse ricorderà che nel 2002 (precisamente il 22 luglio) gli USA hanno sospeso il loro contributo annuo di 34 milioni di dollari alle politiche di aborto forzato praticate in Cina. Ebbene la Commissione Europea si è fatta immediatamente avanti elargendo all'UNFPA - un'agenzia specializzata dell'ONU preposta alla promozione dell'aborto su scala mondiale e operante in stretta connessione con la "International Planned Parenthood Federation" collegata alla dinastia petrolifero-finanziaria dei Rockefeller - 32 milioni di euro prelevati dalle tasche dei contribuenti europei in clima di pur conclamate difficoltà economiche (cfr. "Avvenire", 22 novembre 2002, pag. 3 sotto il titolo "La U.E. inciampa nello sviluppo"). La notizia appare tanto più preoccupante a chi ponga mente ai metodi cui notoriamente il regime comunista cinese ricorre per ridurre la natalità. Questi metodi, cui l'U.E. fornisce il suo complice sostegno, sono stati più volte denunciati dalla stampa. Per rinfrescare la memoria al lettore riportiamo alcuni passi tratti da un articolo de "Il Giornale" del 4 settembre 1995 (pag. 6) a firma di Luca Romano, che affronta specificamente l'argomento:
       "nel 1991 il governo si accorse che la popolazione aveva ripreso ad aumentare. Decise allora di adottare misure autoritarie: permessi di nascita per avere un figlio, inserzione obbligatoria di un contraccettivo intrauterino dopo la nascita del figlio, aborto obbligatorio dei figli concepiti "illegalmente".
       Il sistema è diventato rapidamente uno dei più rigidi e ignobili del mondo. I medici e i funzionari che non applicano la legge rischiano di esser rimossi e puniti. Le donne che rimangono incinte per la seconda volta nelle città e per la terza nelle campagne sono portate di peso in ospedale per abortire, anche al nono mese di gravidanza.
       La tecnica è stata descritta da vari medici: nei casi in cui il feto è troppo avanzato viene iniettata una dose di formaldeide attraverso la fontanella. Se non è sufficiente, come spesso accade, il medico gli rompe il capo con il forcipe. Se, nonostante tutto, il bambino è ancora vivo, viene immediatamente soffocato con una coperta".

       L'articolo prosegue riportando due episodi esemplari di questa politica così gradita all'U.E.:
       "Una donna portata in ospedale dai funzionari per il controllo delle nascite aveva già le contrazioni. Troppo tardi per farla abortire. Il medico ha violentemente forato il cranio del bambino attraverso il canale con uno strumento appuntito. In un altro caso un bambino era ancora vivo dopo un tentativo di aborto ed è stato subito soffocato con una coperta. L'indomani era ancora vivo, abbandonato per terra nella sala del parto. L'infermiera lo ha gettato in un frigorifero per farlo morire congelato". Lasciamo al lettore di meditare sulle gioie di una madre e di un padre che attendono con amore un figlio e, grazie anche ai generosi fondi della U.E., se lo vedono trattato in questa maniera. Ma la cronaca nera, che nasce quando le vittime di tanta infamia si vendicano35, lascia filtrare nella stampa occidentale, al di là della cortina di bambù, altre notizie sulle spietate sanzioni cui in Cina va incontro la famiglia "criminale" che osa mettere al mondo un figlio senza permesso.
       Leggiamo così ne "Il Resto del Carlino" del 21 luglio 1991 la storia di un contadino - che per tale "delitto" si è visto confiscare la terra e rifilare una multa di 7000 yuan, distruttiva perché del tutto al di fuori dalle sue possibilità - che uccide per vendetta il funzionario che lo ha denunciato e ne stermina la famiglia, composta di moglie e due figli. Apprendiamo così che la nascita del secondo figlio, in quel felice paese dove vive quasi 1/5 dell'umanità, comporta, per chi non sia funzionario del partito comunista, la condanna a morte indiretta dell'intera famiglia ottenuta mediante la distruzione dei suoi mezzi di sopravvivenza36.


       35 Inutile dire che la cronaca più "nera" è quella governativa, incoraggiata e sostenuta dall'U.E. e dall'ONU. Il resto, in confronto, è nulla.
       36 Le discrepanze numeriche tra le fonti giornalistiche da noi citate possono dipendere da errore, da diversità di regole nelle varie regioni dell'immensa Cina, ovvero da modifiche legislative. La sostanza della normativa della Cina comunista in questa materia è comunque fuori discussione.


Questa scelta di campo dell'U.E. è molto preoccupante anche perché giustifica il non certo temerario sospetto che anch'essa aspiri ad attuare simili nefandezze anche nel proprio territorio, in nome della pianificazione familiare e dell'ecologismo collegato all'idea, propugnata dall'ONU, di "sviluppo sostenibile" e di equilibrio ambientale che sarebbe pregiudicato da un'umanità "troppo" numerosa. Basti pensare alle allucinanti teorie malthusiane, in base alle quali si auspica e si pianifica la riduzione della popolazione mondiale dalle cifre attuali sino a circa, nei casi più impressionanti, pochi milioni di individui. Fra i sostenitori di tali teorie si possono citare personaggi di fama internazionale come il massone Aurelio Peccei, fondatore del Club di Roma, Margaret Sanger37 e Julian Huxley. Quest'ultimo, primo direttore generale dell'UNESCO (1947/1948), co-fondatore del WWF assieme al principe Filippo di Edimburgo, era fratello di Aldous Huxley, il quale scrisse il noto romanzo "Brave New World" (Il Nuovo Mondo), ipotizzando appunto un nuovo ordine mondiale, dove tutto è rigidamente controllato e pianificato, dove la vita nasce in vitro, dove le donne vengono sterilizzate forzatamente, dove operano importanti "centri di aborti". Non si tratta solo di descrizioni romanzesche, infatti anche suo fratello Julian aveva le idee chiare in campo demografico e in occasione della fondazione dell'UNESCO ebbe a spiegare che "… l'uomo comincia a diffondersi su tutto il pianeta come un carcinoma"38. Analogamente al fratello Aldous, che proponeva in termini romanzeschi le proprie idee in tema di controllo del mondo, nel programma Unesco: its Purpose and Philosophy (pubblicato da Public Affairs Press, Washington 1948, pag. 18), Huxley vagheggia una meta che abbiamo già visto nelle teorie del Gran Maestro Di Bernardo e che al contempo rappresenta il filo conduttore (anche se in chiave diversa) dell'opera di Orwell: l'Unesco ha "il compito di unificazione nelle cose della mente", di raggiungere una "piena unità del mondo". Anche l'U. E., con il mandato di cattura continentale, attraverso la criminalizzazione delle idee diverse, delle distinzioni (discriminazioni) sta in effetti perseguendo con indubbia puntualità questo stesso obiettivo39.


       37 Costei (1879/1966), presidente fra l'altro dell'"International Planned Parenthood Federation", federazione mondiale per la contraccezione sotto l'egida dell'O.N.U., conciliava il proprio socialismo ad indirizzo femminista con teorie di stampo marcata-mente razzista e propugnava uno stretto controllo delle nascite, soprattutto con riferi-mento alle razze "inferiori". Fra le "razze disgeniche" da sradicare classificò "neri, ispa-nici, indiani americani… fondamentalisti e cattolici" (Maurizio Blondet, Certamen n. 16, ottobre 2002, ed Effedieffe, Milano, pag. 23).
       38 Cit. in Franco Adessa, "O.N.U. : gioco al massacro?", ed. Civiltà, Brescia 1996, pag. 52.
       39 Aldous Huxley, non a caso, era esponente di una loggia massonica, la "Golden Dawn", di derivazione rosacrociana, cui fu legato anche il famoso mago nero, il satani-sta Aleister Crowley. Le analogie di prospettiva romanzesca, ma anche di affiliazione massonica di Huxley e Orwell sono notevoli. V. Epiphanius, op. cit. pag. 166.


       A ben vedere la grande differenza fra Cina ed Europa, quella differenza che fa sì che in quest'ultima non siano ancora possibili le atroci politiche demografiche in uso nella prima, consiste nelle radici cristiane del nostro continente, radici che postulano un estremo rispetto per la vita umana, vigorosamente tutelata dal V Comandamento. In Cina invece la secolare tradizione religiosa ed etica ammetteva l'infanticidio, in particolar modo dei neonati di sesso femminile, che venivano abbandonati anche sulle strade, e che prima della rivoluzione comunista le suore delle missioni passavano pietosamente a raccogliere, a volte già intaccati dai denti dei topi.
       È importante, peraltro tener presente che il diaframma cristiano di rispetto per la vita che ancor ci tutela dalle delizie omicide e liberticide del paradiso comunista cinese, senza precedenti nella storia dell'umanità, va progressivamente e pericolosamente assottigliandosi.
       Un colpo gravissimo al diritto alla vita, presupposto imprescindibile di tutti gli altri diritti (se non mi si riconosce il diritto di vivere, tanto meno mi si riconoscerà quello di essere libero, o di possedere beni, ecc.) è dato infatti dalle legislazioni abortiste di cui l'U.E. è strenua assertrice anche al proprio interno. Il suo Parlamento, infatti, ha varato il 3 luglio 2002 una raccomandazione con cui invita tutti gli Stati membri a introdurre l'aborto a spese pubbliche.
       Acquisito questo primo, grandioso risultato, che scalza una tradizione cristiana bimillenaria - peraltro fatta propria dal mondo ancora pagano fin dai tempi dell'imperatore Settimio Severo allorché l'uccisione del nascituro fu equiparata al "veneficium" - l'Europa Unita punta ora con grande determinazione verso la cosiddetta "eutanasia". Sin dal 1991, invero, la "Commissione per la Protezione dell'Ambiente, la Sanità Pubblica e la Tutela dei Consumatori" del Parlamento europeo uscì con una "Proposta di Risoluzione" che al punto 8 suonava:
       "mancando qualsiasi terapia curativa e dopo il fallimento delle cure palliative correttamente impartite sul piano tanto psicologico quanto medico, ed ogni qualvolta un malato pienamente cosciente chiede in modo insistente e continuo che sia fatta cessare un'esistenza ormai priva per lui di qualsiasi dignità, ed un collegio di medici costituiti all'uopo constati l'impossibilità di dispensare nuove cure specifiche, detta richiesta deve essere soddisfatta senza che in tal modo sia pregiudicato il rispetto della vita umana".
       In parole povere, stravolgendo non solo la concezione cristiana, ma anche e persino quella pagana più evoluta della finalità e della natura della scienza medica, con flagrante violazione del giuramento di Ippocrate, estirpando quindi sin le radici più remote della civiltà europea, si vuole istituire una commissione per l'uccisione del paziente. In tal modo il medico da sacerdote della vita si trasforma in largitore di morte e l'ospedale, istituzione di origine prettamente cristiana, da tempio della vita in mattatoio. Chi poi abbia un minimo di esperienza del problema della prova nel processo penale, non può che sorridere di fronte alla fittizia garanzia costituita dalla istituzione del collegio di medici preposto agli accertamenti e dei prevî tentativi di dissuasione.
       Invero, come sarà in concreto possibile, in un eventuale giudizio criminale, provare che il consenso non ci fu, o che fu carpito inducendo disperazione nel paziente, indifeso per la sua stessa condizione di malato? Chi e come potrà smentire la parola dei membri della commissione? Si tratterà di un vero e proprio tribunale con diritto insindacabile di vita e di morte su giudicabili innocenti.
       Si aggiunga che nel mondo moderno, dove l'economia domina incontrastata e il "budget" detta legge anche nel campo della sanità, l'economicissima soppressione di un malato non più in età produttiva comporterà la liberazione di un posto letto, con il risparmio delle spese e delle fatiche di impegnative operazioni e di costose degenze, oltre a preziose economie per le casse dello Stato (e dell'U.E.), sgravate da pesanti oneri pensionistici40.


40 Non si vuole con ciò affrontare in questa circostanza il complesso discorso dell'accanimento terapeutico, che va comunque rigorosamente definito per evitare abusi.

       Vi è dunque fondato motivo di temere che nell'ottica europeista, tutta protesa, com'è noto, ai tagli delle spese e al "risanamento" non dei malati ma dei bilanci, nella classe medica si affermino nuovi parametri di gerarchia. È verosimile cioè che per l'avvenire il sanitario più apprezzato dai superiori non sarà più quello che salva più vite, bensì, al contrario, quello che meno spende in medicinali, ricoveri e operazioni e in tal modo più alleggerisce gli oneri di un'istituzione che già oggi molto significativamente, ha assunto il nome di "azienda sanitaria".
       Impagabili poi, nel passo in esame, sono le parole conclusive: "senza che in tal modo sia pregiudicato il rispetto della vita umana", esemplare monumento di quella sfacciata ipocrisia legislativa di cui, come si è visto, gli organismi europeisti sono campioni.

* * *

       L'attacco degli organi comunitarî alla morale cristiana è a tutto campo. Il 29 febbraio 2000, invero, la "Commissione" del Parlamento europeo "Per le Libertà e i Diritti dei Cittadini" ha varato all'unanimità dei 40 europarlamentari che la compongono, salvo una sola astensione, una carta morale in forma di raccomandazione agli Stati membri che si risolve in un riconoscimento della legittimità di tutte le perversioni sessuali - dalla omosessualità alla pederastia, alla pedofilia - andando anche qui ben al di là del paganesimo, che comunque anche nei momenti di maggior decadenza, sempre concepì la famiglia esclusivamente come unione dell'uomo e della donna tendenzialmente finalizzata alla procreazione della prole.
       Si legge infatti in quel documento, laddove affronta la questione dell'"Orientamento sessuale" e degli "stili di vita" che dovranno caratterizzare la società europea di domani, che il Parlamento europeo "chiede agli Stati membri di garantire alle famiglie monoparentali, alle coppie non sposate e alle coppie dello stesso sesso, parità di diritti rispetto alle coppie e alle famiglie tradizionali, in particolare in materia di legislazione fiscale, regime patrimoniale e diritti sociali".
       In siffatto ordine di idee la Commissione "osserva con soddisfazione che in numerosi Stati membri vige un crescente riconoscimento giuridico della convivenza al di fuori del matrimonio, indipendentemente dal fatto che i conviventi siano dello stesso sesso; sollecita gli Stati membri che non vi abbiano già provveduto ad adeguare le proprie legislazioni per introdurre la convivenza registrata tra persone dello stesso sesso, riconoscendo loro gli stessi diritti e doveri previsti dalla convivenza registrata tra uomini e donne; chiede agli Stati che non vi abbiano ancora provveduto, di modificare la propria legislazione al fine di riconoscere la convivenza al di fuori del matrimonio indipendentemente dal sesso; rileva la necessità di compiere rapidi progressi nell'ambito del riconoscimento reciproco delle varie forme di convivenza legale a carattere non coniugale e dei matrimonî legali tra persone dello stesso sesso esistenti nell'Unione Europea".
       Il riconoscimento dei "valori" della sodomia e dei diritti dei sodomiti in quanto tali, insomma, è uno degli obiettivi più importanti dell'Unione Europea, un punto qualificante su cui, come si è visto, i "moralisti" della Commissione delle Libertà e dei Diritti battono e ribattono con singolare insistenza. Si ricorderà la battaglia politica combattuta in seno al Consiglio d'Europa dall'europarlamentare Fiorello Provera, che da solo riuscì a paralizzare, con la richiesta di controllo del numero legale, l'adozione di bambini da parte di coppie omosessuali. Che d'altronde le "lobbies" omossessuali e pedofile siano forti in seno agli ambienti eurocratici è fuori discussione, se si pensa che l'attuale Ministro della Giustizia, Castelli, (evidentemente l'uomo è poco sensibile ai dogmi di Bruxelles e dei suoi acritici sostenitori) è dovuto intervenire, sconvolto, riuscendo a bloccare - anche qui combattendo una lotta in solitudine - la proposta normativa comunitaria che depenalizzava il possesso e l'uso di modiche quantità di materiale pedofilo41. Difficile fra l'altro sostenere che tra l'adozione di bambini da parte di coppie omosessuali e la liberalizzazione di modiche quantità di materiale pedopornografico non vi sia un filo conduttore.


41 In una intervista pubblicata su "La Padania" del 4 gennaio 2002, pag. 5, quel ministro ebbe a dire: "Nel testo proposto sul tema della pedopornografia c'era un articolo che conteneva una deroga consentendo di detenere in casa propria quella che potremmo chiamare una "modica quantità" di immagini pedo-pornografiche purché gli attori fossero nell'età del "consenso sessuale". Abbiamo chiesto più volte di chiarire cosa volesse dire questa clausola dell'"età del consenso sessuale" ma nessuno ha voluto definirla con precisione. Quindi noi, ancora una volta a costo dell'isolamento, abbiamo detto no. Nel campo della pedofilia siamo per la tolleranza zero". La consapevolezza delle "lobbies" europeiste del fatto che giocare sul significato delle parole rappresenta la chiave di volta del sistema per consentire ogni nefandezza o per schiacciare ogni oppositore è qui ancora una volta chiara.

       Sodomia, pederastia e pedofilia sono dunque al vertice delle preoccupazioni, delle ansie liberatorie e degli ideali del Parlamento europeo. Il documento in esame prosegue infatti presentando sodomiti, pederasti e pedofili come vittime innocenti di crudeli pregiudizi discriminatorî, e come tali, evidentemente, "razzisti" la cui qui taciuta ma sottintesa origine andrebbe ricercata nell'"oscurantismo" cattolico. Commossa e indignata, invero, la Commissione "rileva… che i cittadini europei continuano a soffrire in particolare nella loro vita personale e professionale, di discriminazioni e pregiudizî dovuti al loro orientamento sessuale".
       Ferita pertanto nei suoi sentimenti più nobili e profondi essa "chiede… agli Stati membri, nonché alle istituzioni europee interessate di porre urgentemente rimedio a tale situazione".
       Come potrà il povero eurocrate o europarlamentare o anche il semplice pederasta o pedofilo senza incarichi comunitarî, ma profondamente permeato di spirito europeista proprio in virtù di questi suoi "orientamenti sessuali", congiungersi liberamente con ragazzini e bambini se perversi codici penali si ostinano a considerare illeciti o addirittura delittuosi rapporti di tal genere, così puri e innocenti? Con perfetta consequenzialità la nostra commissione per le libertà, i diritti e la giustizia "deplora che nei codici penali di taluni Stati membri siano ancora vigenti disposizioni discriminatorie sull'età del consenso del minore per rapporti omosessuali, nonché altre discriminazioni, sebbene molti organismi competenti per i diritti umani e il Parlamento europeo abbiano condannato tali disposizioni, e ribadisce la propria richiesta di abrogarle"42.


42 Gli eurodeputati italiani presenti alla votazione (onore al merito!) erano: Rocco Buttiglione, Marco Cappato, Luigi Cocilovo, Carlo Fatuzzo, Giovanni Claudio Fava, Vitalino Gemelli, Giorgio Lisi, Mario Mantovani, Elena Ornella Paciotti, Maurizio Turco, Gianni Vattimo (rivista "Ex Novo", luglio 2000, pag. 6).

       La correlazione fra queste illuminate e "progressistiche" direttive europeiste e il mandato di arresto, del pari europeista, è evidente: quando le aborrite norme in questione saranno abrogate chi oserà "discriminare" un pedofilo in particolare o i pedofili in genere e "avversare" anche solo in linea teorica i "gruppi" di pedofili organizzati che interagiscono in rete per via dei loro "convincimenti" od "orientamenti sessuali", si renderà per ciò stesso colpevole del delitto di "razzismo e xenofobia" ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della citata "proposta" in materia di "lotta" contro tali forme di pensiero. Egli potrà quindi venire estradato in qualsiasi paese e carcere dell'U.E. ai sensi dell'articolo 2, 2° comma, diciassettesima ipotesi della proposta sul mandato d'arresto europeo.
       E ciò, si badi bene - in virtù dei nuovi principî giuridici della "libera circolazione delle decisioni giudiziarie penali" e dell'abrogazione del preesistente requisito della "doppia incriminazione"43 - anche nel caso che nel suo Paese la pedofilia, o comunque la corruzione di minorenni, costituiscano ancora reato.


43 Ricordiamo nuovamente al lettore digiuno di nozioni giuridiche che il principio della "doppia punibilità", avversato dall'U.E. e ancora vigente è quello in base al quale l'estradizione non può avere luogo se il fatto per cui è richiesta costituisce reato solo per lo Stato che ne fa domanda, ma non per quello in cui si trova l'estradando.

       Col mandato di arresto europeo il problema che nel febbraio nel 2000 tanto angustiava gli europarlamentari della Commissione per le libertà e i diritti è felicemente risolto. Basterà invero che la direttiva di quel consesso sia accolta da uno solo dei Paesi dell'Unione, anche il più piccolo, poniamo la Repubblica di Andorra, per poter togliere di mezzo in tutta Europa, ovviamente sempre in nome della libertà e del diritto, tutti gli avversarî. Personaggi impegnati nel contrasto alla pedofilia, come l'italiano Don Di Noto, possono già preparare le valigie.
       Analogo trattamento sarà possibile riservare a quei genitori retrivi e ottusi, ostinatamente legati a superati e medioevali pregiudizî, che facessero troppe storie perché il loro bambino, magari di pochi anni, ma che comunque non ha manifestato previamente il proprio dissenso, è piaciuto a qualche europarlamentare o a qualche pedofilo ben ammanigliato. Lo stesso sdegnato ed irato rifiuto a consegnare il proprio figlio a chi ne facesse richiesta, potrebbe costituire significativa prova di un "convincimento" discriminatorio, avverso e ostile ai "convincimenti" e agli "Orientamenti sessuali" così caldamente condivisi, nobilitati e promossi dalla U.E.. Anche qui, ovviamente, si analizzano le folli ma consequenziali propaggini di un pensiero, senza per questo concludere che ciò certamente avverrà. È però vero che all'epoca della fondazione della Comunità economica europea, ipotizzare che nel 2002 si sarebbe parlato e legiferato favorevolmente, in seno a quella oramai ex Comunità "economica", in tema di pedofilia e che un solo ministro si sarebbe opposto alla liberalizzazione di materiale porno-pedofilo, come si è visto, avrebbe suscitato un coro di scherno e di insulti nei confronti della, per definizione, inascoltata Cassandra di turno.


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