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XVII

LA RIVOLUZIONE ATTRAVERSO IL VOCABOLARIO: MANIPOLARE LA SOCIETÀ MANIPOLANDO IL LINGUAGGIO. - COME RIVOLUZIONARE LA COSTITUZIONE SENZA CAMBIARE LE PAROLE. - L'UNIONE EUROPEA CONTRO IL MATRIMONIO E CONTRO LA FAMIGLIA

       Dedichiamo questo capitolo ad alcune riflessioni sugli orientamenti ideali che l'Unione Europea pone a base della sua concezione del diritto perché, come forse il lettore avrà già compreso, è il concetto stesso di diritto che viene investito e stravolto dalle enunciazioni di principio e dalle riforme europeiste. Di tale rivoluzione il mandato di arresto non è che un aspetto, uno strumento, sia pure particolarmente importante.
       La prima riflessione che ci viene alla mente è che anche la "carta morale" comunitaria che abbiamo commentato al precedente capitolo è in gran parte incentrata sullo stravolgimento del significato di due vocaboli: i sostantivi "famiglia" e "matrimonio". Fino ad oggi per famiglia si è sempre inteso, pur nelle differenze dei tempi e delle civiltà, una "societas" di affetti o comunque di rapporti gravitanti intorno ad una coppia genitoriale composta di un uomo e di una donna. Anche nelle forme meno elevate e poligamiche si trattava pur sempre di un nucleo finalizzato alla generazione ed all'allevamento della prole, per la conservazione e propagazione del genere umano. In tale coppia o nucleo, dunque, il dato essenziale e irrinunciabile è sempre e comunque l'incontro dei due sessi. Strettamente correlato al concetto di famiglia è quello di matrimonio, inteso come atto solenne iniziale, o comunque quanto meno come una serie di comportamenti, palesi e certi, tali da significare la chiara volontà di costituire una stabile "societas vitae" in un contesto che i giuristi della Roma pagana chiamavano "honor matrimonii".
       Ebbene, nella prospettazione dell'U.E., con una inaudita rivoluzione imposta dall'alto, si vogliono sconvolgere quei concetti agendo anche sul linguaggio e per tal via sulle menti dei sudditi44 comunitarî. Tale rivoluzione viene perseguita definendo "famiglie" non solo le "convivenze" affidate esclusivamente al labile capriccio dei protagonisti, al di fuori di ogni impegno verso la prole, che non viene neppure considerata, ma anche le unioni omosessuali alla cui instaurazione si vuole accordare la solennità di un impegno formale uguale a quello del matrimonio per snaturare e in definitiva cancellare questo sacrosanto istituto.


44 Usando la parola "sudditi" intendiamo sottolinearne il senso etimologico sub-ditus - sottoposto.

       Introiettate da parte dei sudditi attraverso il linguaggio stabilito dagli eurocrati e popolarizzate attraverso i mass-media queste nuove concezioni di "famiglia" e di "matrimonio", l'intera società ne risulterà radicalmente trasformata, a partire dalla sua cellula fondamentale che è appunto la famiglia. In realtà meglio che "trasformata" sarebbe appropriato dire "distrutta", perché la famiglia è il luogo in cui l'essere umano non solo riceve la vita, e viene accudito amorevolmente nei suoi bisogni fondamentali, ma impara a parlare, ad essere amato e quindi ad amare, a obbedire, a convivere, a rispettare ed essere rispettato, a divenire a sua volta padre o madre di una nuova famiglia, continuatore e donatore di vita.
       A questa rivoluzione del linguaggio e, attraverso il linguaggio - una rivoluzione profonda che agisce anche all'interno del singolo individuo facendone in qualche misura un uomo diverso - abbiamo già accennato al capitolo XIII a proposito dei vocaboli "razzismo" e "xenofobia". Tali vocaboli - coniati essi stessi nella temperie sociale e spirituale dei nazionalismi evocati dalla Rivoluzione francese e dalle conseguenti guerre napoleoniche45 - stanno subendo ora quel processo di trasformazione di significato di cui si è detto. Abbiamo del pari visto, sempre al capitolo XIII, come il verbo "discriminare" (sinonimo di "distinguere", il quale esprime l'attività fondamentale della ragione, che opera appunto discriminando la verità dall'errore e, all'interno dell'una e dell'altra, i relativi aspetti), abbiamo visto, si diceva, come, sulla scia di direttive ONUsiane, tale verbo sia stato caricato di valenze negative dalla legge Mancino; abbiamo ancora osservato come questa, a sua volta, sia stata rincalzata dall'art. 43 della legge Turco-Napolitano in materia di immigrazione. Tale articolo, come si è detto, con ulteriore passo, esplicitamente affermando che "discriminazione" e "distinzione" sono sinonimi, spazza via ogni possibilità di giostrare su presunte, pur se inesistenti, differenze di significato.


45 Richiamiamo qui quanto si è detto all'inizio del capitolo XII, e cioè che il razzismo è legato all'evoluzionismo darwiniano, che ripudia l'affermazione cristiana secondo cui tutta l'umanità discende da un'unica coppia capostipite. Ora tale ripudio si ricollega a sua volta a quel generico deismo senza volto, confinante con l'ateismo, che costituisce la premessa filosofica e teologica fondamentale della Rivoluzione francese. Fu infatti in base ad esso che venne abbattuto il cosiddetto "antico regime", fondato sul concetto di concordia fra trono ed altare, e quindi di monarchia di diritto divino, di monarchia, cioè , considerata come custode di una legge immutabile e trascendente di origine, appunto divina (a partire dai 10 Comandamenti) che l'uomo non può mutare, ma solo applicare. Inserito, dunque, nella cornice ideale e dottrinale in cui è sorto, il razzismo - che costituisce a ben vedere un'esasperazione e un ampliamento del nazionalismo - si rivela, al pari di quest'ultimo, come un virgulto della Rivoluzione francese, e quindi dell'illuminismo.


       È proprio in virtù di questa manipolazione linguistica e concettuale che criminalizza il pensiero in quanto tale (i famosi "convincimenti"), che il Consiglio dell'Unione Europea ha potuto fare il successivo e conclusivo passo illustrato al capitolo XIV, spingendosi a definire "spazio di libertà, sicurezza e giustizia" quello che invece si appresta a diventare il regno del terrore, dell'incertezza assoluta sul proprio futuro e dell'iniquità eretta a principio di governo.
       In verità sarebbe prezioso e illuminante uno studio sulla manipolazione delle idee attraverso quella del significato delle parole, a partire dai sostantivi "democrazia" e "dittatura" che hanno contrabbandato, quasi fossero collaudate dai secoli, istituzioni del tutto nuove e diverse rispetto a quelle che tali nomi evocavano nell'antichità greca e romana.
       È comunque opportuno rilevare come la trasformazione del significato delle parole "famiglia" e "matrimonio" propugnata dall'U.E. venga ad incidere profondamente, praticamente abrogandolo, su un altro importantissimo articolo della costituzione italiana, il 29, il cui primo comma così suona: "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio". Nel nuovo contesto semantico comunitario questo comma risulta talmente stravolto da assumere un senso addirittura contrario a quello inteso dal costituente.
       A conclusione di questo capitolo osserviamo che la prima bozza del "Preambolo" al progetto di Costituzione europea se, come abbiamo ricordato in nota al capitolo precedente, non parlava neppure del Cristianesimo - nome aborrito e da dimenticare - si richiamava tuttavia alle "eredità" delle "civiltà elleniche e romana".
       Era evidente l'intenzione dei convenzionali di significare, con questo salto bimillenario, un riaggancio diretto alla paganità rinnegando tutta l'"eredità" cristiana, tutti i 17 secoli di Cristianesimo fino alla nascita dell'illuminismo che, come pure ricordato alla citata nota, veniva invece espressamente richiamato. Tale richiamo comportava un'implicita ma inequivocabile rivendicazione anche del retaggio della Rivoluzione francese, interamente ispirata a quella corrente filosofica. Di fronte alle polemiche sorte in seguito ad una così clamorosa omissione, risolventesi in un troppo patente falso storico e in una troppo aperta enunciazione programmatica, i Soloni dell'U.E. hanno preferito eliminare ogni cenno alle radici ideali dell'Europa mettendo da parte, insieme con l'illuminismo, anche la Grecia e Roma. Sebbene la cancellazione del riferimento alla civiltà grecoromana sia motivata esclusivamente da avversione al Cristianesimo (tutto pur di non menzionare quel nome!) questa correzione di tiro ci pare molto opportuna. Abbiamo infatti visto al capitolo precedente, ed in questo, che, malgrado le sue molteplici aberrazioni, il paganesimo greco-romano giunse a riconoscere e proclamare col giuramento di Ippocrate e con la condanna dell'aborto la sacralità della vita, così come affermava l'altissima dignità del matrimonio che il Digesto definiva "divini et umani iuris comunicatio": comunità di vita di diritto divino ed umano.
       Quanto alle istituzioni pubbliche, né la Grecia, né Roma conobbero mai il pauroso centralismo tecnocratico europeista ma, al contrario, rispettarono e valorizzarono le autonomie locali. La vera "eredità" ideale dell'Unione Europea, essenzialmente anticristiana, è anche profondamente contraria alla civiltà greco-romana e si identifica proprio con quella illuministica e massonica espressa dalle due grandi Rivoluzioni: quella giacobina e quella bolscevica. Non per nulla il suo inno ufficiale è quello "Alla gioia" sulle parole di Schiller, che apparteneva alla inquietante setta massonica degli Illuminati di Baviera46.

46 Che Schiller fosse un "illuminato di Baviera" lo ritiene il "fratello" Eugen Lennhof nel suo autorevole testo "Il libero muratore" del 1929 (trad. it. Bastogi ed., 1981, pag. 93), anche se poi, nel medesimo volume, dà per probabile ma non certa l'iniziazione massonica di quel poeta (id. pag. 114). Certo si è che l'opera di Schiller e in particolare l'"Inno alla gioia" trasuda ideali massonici. In ogni caso è sicuro che la "Nona sinfonia" di Beethoven, il cui coro finale è ispirato appunto dall'"Inno alla gioia", fu commissionata a quel musicista "dalla integralmente massonica Philarmonic Society di Londra" (Aldo Mola, "Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni", Bompiani ed., 1992, pag. 757)

       Nonostante queste modifiche il nuovo "Preambolo" resta un monumento di ipocrisia, fin dal suo esordio, mutuato dallo storico greco Tucidide: "La nostra Costituzione si chiama democrazia perché - hanno avuto l'improntitudine di scrivere i dispotici tecnocrati di Bruxelles - il potere non è nelle mani di una minoranza, ma della cerchia più ampia di cittadini". Risum teneatis, amici. In italiano: vi prego di non ridere.

 

XVIII

L'IMPEGNO ANTICRISTIANO DELL'UNIONE EUROPEA: SUA INTROMISSIONE DIRETTA IN MATERIA DI RELIGIONE. - COME MUORE L'ARTICOLO 8 DELLA COSTITUZIONE. - IL VIZIO, E IN PARTICOLARE LA DROGA, COME STRUMENTO DI GOVERNO. - QUALE LIBERTÀ?

       La prova del nove che uno dei principali, se non il principale, obiettivo dell'Unione Europea e delle leggi globalizzatrici che, come la Mancino, le hanno preparato il terreno in nome della lotta contro la "discriminazione", sia quello di combattere e in prospettiva perseguitare il cristianesimo, è venuta recentemente con la risoluzione del Parlamento di Strasburgo del 13 marzo 2002 intitolata: "Donne e fondamentalismo". In quella sede, invero, è stata condannata in quanto discriminante "l'esclusione delle donne dalle gerarchie religiose"47 e quindi dagli Ordini sacri, compresi l'episcopato e il papato. In siffatto ordine di idee il Cristianesimo è stato catalogato fra le "ideologie regressive che pretendono di fornire alle donne risposte valide per il futuro partendo da posizioni retrograde"48. Sono queste parole assai istruttive, anche sotto un altro profilo, perché dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, l'esattezza della tesi poc'anzi sostenuta secondo cui ideologia e religione, nello spirito globalizzatore che informa le leggi contro la "discriminazione", sono termini equipollenti.


47 "Avvenire", 14.3.2002, pag. 6.
48 Ibidem.


       Tanto vale, invero, equiparare le ideologie alle religioni quanto, come in questo passo, inquadrare le religioni fra le ideologie.
       Ma la reprimenda anticristiana del Parlamento europeo non finisce qui. Quella augusta assemblea, infatti, ha rivolto un severo "monito ai leader religiosi a ripensare l'atteggiamento verso le lesbiche"49, evidentemente anch'esso discriminatorio e, come tale, "fondamentalista". Viene così autorevolmente censurato l'insegnamento di San Pio X, il cui catechismo inquadra il "peccato contro natura" insieme con l'"omicidio volontario", l'"oppressione dei poveri", e il "defraudare la mercede agli operai" fra i "peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio". In realtà, a ben vedere, si tratta di una autorevole, quanto robusta tirata d'orecchi anche a quel discolaccio di San Paolo che nella prima epistola ai Corinzi ha avuto il coraggio di scrivere:


49 Ibidem

       "Non illudetevi: né fornicatori, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né pederasti, né avari, né ladri, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il Regno di Dio" (I Cor. 6, 9-10).
       Il monito europeo suona ancor più severo nei confronti di Gesù Cristo che, andando ben al di là della condanna del peccato contro natura, ha spinto il suo fondamentalismo "discriminatorio" sino ad affermare che "chiunque guarda una donna per desiderarla ha già, in cuor suo, commesso adulterio" (Mt 5, 28). Affermazioni siffatte, oltretutto, sono in flagrante, imperdonabile contrasto con la già illustrata carta morale europea sugli "Stili di vita" e gli "Orientamenti sessuali".
       Non possiamo dunque dubitare che presto o tardi il Consiglio dell'Unione Europea sulla linea tracciata dal Parlamento di Strasburgo sotto l'illuminata guida della deputata socialista Izquierdo Rojo, confortato dal prestigiosissimo voto di personaggi esemplari come l'ex giudice Di Pietro, risalendo ancora più indietro, metterà fuori legge anche il libro del "Genesi" per via dei suoi deprecabili e "discriminatorî" giudizi su Sodoma e Gomorra (Gn 13, 10-13 e 19, 1-24). E con esso il Deuteronomio (32, 32), Isaia (3, 9) e Geremia (23, 14), che a quei giudizî si richiamano.
       Giova aggiungere che il Cristianesimo per il momento se l'è cavata ancora bene. Infatti il punto k) della "risoluzione", depennato all'ultimo momento per paura di mettere troppa carne al fuoco, affermava che: "le comunità religiose quando assumono competenze proprie del settore pubblico agiscono oggettivamente contro l'ordinamento giuridico democratico prevalente nell'Unione Europea"50. Ciò significa propugnare, peraltro sempre in nome della democrazia e della libertà, la soppressione anche coatta delle scuole, degli ospedali, dei patronati e in genere di tutte le strutture di matrice cattolica operanti nel sociale e ovviamente criminalizzare le comunità religiose ree, per queste loro attività, di avere agito "contro l'ordinamento democratico". Questa incriminazione ha un suono tenebroso, assai simile alle motivazioni delle sentenze di condanna con cui la Rivoluzione francese macellò a decine di migliaia i propri oppositori, in particolare i vandeani e gli altri "nemici del popolo". Quei nemici, in nome degli ideali giacobini che tanto esaltavano Lenin, furono massacrati a diecine di milioni nei Paesi Sovietici. Si può comunque stare sicuri che questo obiettivo verrà rispolverato al momento opportuno: non è facile fare tutto in una volta. Va peraltro detto che il mandato d'arresto europeo promette di essere di per sé solo risolutivo, e di scavalcare tutti i passaggi intermedî.


       50 "Avvenire", 12-3-2002, pag. 13, sotto il titolo: "La relazione della socialista spagnola Izquierdo strumentalizza le donne e i loro diritti per colpire le chiese". È curioso notare che il nome della promotrice ufficiale della risoluzione in esame, "Izquierdo Rojo", tradotto in italiano significa "Sinistro rosso". Un nome, un programma.

       Riportiamo qui due commenti alla "risoluzione", uno anteriore al voto dell'europarlamentare leghista Borghezio, e uno, successivo al voto stesso, apparso su "Il Foglio" di Giuliano Ferrara. "Questa risoluzione che pretende di consigliare il Papa in ambito teologico - ebbe a dire il primo - più che col fondamentalismo ce l'ha con la Chiesa. E se verrà approvata bisognerà chiedersi se questo è il Parlamento del popolo europeo o di altri poteri occulti"51. "Il Foglio", dal canto suo, benché notoriamente laicista, titolava preoccupato:
       "Quelli che a Strasburgo si apprestano a dare ordini a Papa e Patriarchi" e rilevava che questa pretesa di dare "direttive su come si dovrebbero comportare le comunità religiose anche in materie teologiche e morali… sul piano giuridico appare un attacco al principio di libertà religiosa"52. E quindi all'articolo 8 della Costituzione.
       Ovviamente, benché il principale bersaglio della "risoluzione" sia stato appunto il Cristianesimo, essa non ha potuto fare a meno di colpire anche l'Islam, che pure non ammette donne nelle proprie gerarchie e dal cui "fondamentalismo", anzi, ha tratto lo spunto. D'altronde la pretesa dei tecnocrati dell'Unione Europea di dettare una propria insindacabile scala di valori - o meglio di disvalori - mette al bando tutte le dottrine che se ne discostano instaurando un clima di paurosa intolleranza e ciò, paradossalmente, in nome della più assoluta libertà.
       Forte dell'appoggio di tutte le sinistre, che all'europarlamento dispongono della maggioranza, la Izquierdo Rojo è tornata all'attacco anche nell'aprile 2003 chiedendo, questa volta con molta maggiore moderazione: "la condanna della Grecia perché sul monte Athos (secolare residenza di monaci ortodossi) è vietato l'accesso alle donne. Secondo la Rojo "il rispetto dei diritti umani va anteposto alle tradizioni religiose che non ne tengono conto". E per questo la U.E. dovrebbe anche sospendere gli aiuti alla regione"53. Ciò significa che in un prossimo futuro i paesi che non proibiscono i conventi di clausura non potranno più contare sui finanziamenti comunitarî: una specie di embargo, insomma. Il cappio si stringe.
       Che l'U.E. marci in una direzione sistematicamente anticristiana propugnando una falsissima nozione di libertà miserevolmente intesa come "libero" sfogo delle passioni e dei vizî, risulta da molteplici elementi fra cui la "raccomandazione" del 3 novembre 1997 significativamente votata dalla "Commissione per le Libertà Pubbliche" dell'europarlamento, nella quale si sollecita non solo la depenalizzazione del consumo di droghe leggere, ma anche l'autorizzazione alla prescrizione medica dell'eroina54. Non occorre essere particolarmente astuti per rendersi conto che ci troviamo di fronte ad un'ipocrita e subdola forma di legalizzazione di quella droga. Sarà infatti sempre possibile trovare, fra i tanti, un medico compiacente, pronto a rilasciare dietro pagamento ricette su ordinazione.


51 "Avvenire", 13.3.2002, pag. 6.
52 Citato in "Avvenire", 14.3.2002, pag. 6.
53 "Avvenire", 25.4.2003, pag. 12.
54 "La Repubblica", 4.11.1997, pag. 15.


       È poi evidente che persone dedite a questo tipo di "libertà" sono in realtà infelici schiavi del vizio, sudditi ideali, perché ottusamente acritici, di un sistema politico in cui il mandato d'arresto europeo, globalizzato e globalizzatore, dovrà apparire come qualcosa di assolutamente accettabile e normale. Occorre infatti tenere ben presente che il vizio - qualunque vizio, ma la droga forse più di ogni altro - assurgendo a pensiero dominante e ossessivo, distoglie l'attenzione di chi ne cade in
preda da ogni altro oggetto e fa apparire come un benefattore chi si presta a soddisfarlo. "Chi commette il peccato - insegna Gesù - è schiavo del peccato" (Gv 8, 34).

 

XIX

I PRECEDENTI DEL MANDATO D'ARRESTO EUROPEO: LA LEGGE DEI SOSPETTI E IL TERRORE GIACOBINO. - LA RIVOLUZIONE FRANCESE E QUELLA BOLSCEVICA: DUE RAMI DI UN UNICO ALBERO

       È stato da più parti denunciato il carattere alluvionale e onnipervasivo dell'attività legislativa e paralegislativa dell'Unione Europea, che produce metri cubi di "decisioni", "raccomandazioni", "direttive", "trattati", "regolamenti", sentenze della Corte di Giustizia del Lussemburgo, che vincolano anch'esse i governi e i parlamenti, oltreché i giudici nazionali, ulteriormente svuotando la sovranità degli Stati. In quella congerie di carte e statuizioni, anche assai importanti, ma che tutti ignorano e cui nessuno è lontanamente in grado di tener dietro (alla faccia della "sovranità popolare"!), la stampa e i giornali radio hanno resa pubblica una direttiva che ci pare particolarmente illuminante per il nostro tema. In particolare il "Corriere della Sera" del 19.12.2002, informava i suoi ignari lettori, a cose fatte e con due anni di ritardo, che nel 2000 il Consiglio europeo, revocando una sua precedente statuizione del 1993, ha deciso che il giorno di riposo dal lavoro non debba più coincidere con la domenica. L'Italia, commentava l'articolista, non essendosi ancora adeguata, rischia un procedimento per infrazione.
       Questa direttiva europeista richiama irresistibilmente alla memoria la Rivoluzione francese, stabilendo con essa una evidentissima continuità. Invero la soppressione della domenica (e cioè del giorno dedicato a Dio, in latino Dominus, da cui dies dominica) e la conseguente cancellazione della settimana basata sull'idea religiosa dei sette giorni della creazione, con la del pari conseguente introduzione di un nuovo calendario rivoluzionario fu, come è noto, una caratteristica qualificante di quel rivolgimento che si proponeva di cancellare l'Era Cristiana per sostituirla con una Nuova Era, un New Age, di cui Cristo non fosse più il punto di partenza e ne fosse cancellato persino il ricordo.
       Figlia dell'illuminismo, incubato nelle logge massoniche55, la Rivoluzione francese ne rispettò fedelmente quell'ateismo antimetafisico56, quel materialismo e quell'immoralismo cui, come si è visto, si ispirano gli organi comunitarî e di cui la Izquierdo Rojo è così significativo portabandiera.


       55 Il generico "deismo", pure illuminista, in pratica equivale all'ateismo: un dio senza volto, di cui nulla si può dire, che non è rappresentato da immagini, narrato da storie e da miti e non detta alcun precetto morale che freni l'arbitrio dell'uomo, è un puro nome senza alcun contenuto.
       56 Rimandiamo il lettore che volesse approfondire il tema dei rapporti fra la massoneria e la Rivoluzione francese al nostro libro "La rivoluzione francese nell'opera della massoneria", 1994, editrice Civiltà, Brescia, Via G. Galilei 121.


       Questa continuità con la Rivoluzione francese si manifesta, com'è logico, con tutta evidenza anche nel campo del diritto penale. Abbiamo visto infatti che il mandato d'arresto europeo si caratterizza per la genericità e onnicomprensività delle sue previsioni, così nebulose che non vi è condotta che non possa esservi fatta rientrare. Orbene, proprio questa è la peculiarità fondamentale della legislazione che contrassegnò quel periodo della Rivoluzione del 1789 che gli storici sono soliti indicare col nome di Terrore, a partire dalla famigerata "legge dei sospetti" del 17 settembre 1793, una legge la cui mostruosità è denunciata persino dai più convinti esaltatori di quel rivolgimento epocale.
       Essa, infatti, definiva "sospette" e ordinava pertanto la confisca dei loro beni, intere, vastissime categorie di persone fra cui tutti coloro che in qualsiasi modo si fossero dichiarati partigiani della "tirannia" (vale a dire del preesistente, millenario "ancien régime" monarchico), o del federalismo e comunque tutti i nemici della libertà (ovviamente quel tipo di libertà), coloro che non riuscivano a giustificare i proprî mezzi di sussistenza, i funzionari destituiti (fra cui il grande scienziato Lavoisier, ghigliottinato nel 1794), gli ex nobili e i parenti degli emigrati a meno che non si fossero dimostrati costantemente favorevoli alla Rivoluzione.
       Ma la confisca e la riduzione in povertà non bastava: la Convenzione varava infatti in rapida successione ulteriori leggi che culminavano con quella, pure famosa, del 24 pratile dell'anno II (10 giugno 1794), preparata a tavolino da Robespierre e Couthon.
       Nel suo "La Rivoluzione francese" Pierre Gaxotte così sintetizzava la legislazione del Terrore posteriore alla legge dei sospetti:
       "il 13 marzo (scil. 1794) vengono dichiarati traditori della patria e passibili di morte tutti coloro che avranno suscitato inquietudini in materia di provvigioni, tentato di corrompere lo spirito pubblico, preparato un cambiamento qualsiasi nella forma del governo. Il 16 aprile un decreto manda alla Guyana chiunque, vivendo senza lavorare, è convinto di essersi lagnato del regime. Infine il 10 giugno la famosa legge di pratile fornisce la lista completa dei delitti puniti con la pena capitale. Per adoperare le parole di un dotto professore "l'impressione fu viva". C'era di che: la lista era tanto lunga che ogni francese poteva considerarsi promesso alla ghigliottina.
       In essa legge infatti vengono indicati come nemici del popolo e marchiati per la ghigliottina quelli che avranno cercato di avvilire e di dissolvere la Convenzione nazionale ed il Governo rivoluzionario (i realisti, dunque e i moderati); quelli che avranno cercato di impedire gli approvvigionamenti (i coltivatori dunque e i commercianti restii alle espropriazioni, gli operai restii al maximum dei salari); quelli che avranno perseguitato e calunniato i patrioti (tutti i nemici passati, dunque, presenti e futuri dei giacobini e delle loro creature); quelli che avranno messo in giro false notizie (tutte le comari); quelli che avranno cercato di sviare la pubblica opinione o di ispirare scoraggiamento (tutti i malcontenti)"
57.
       In sintesi lo scopo - esattamente come accade oggi col mandato d'arresto europeo - era quello di poter togliere di mezzo chiunque in qualunque momento. "La sapiente imprecisione dei termini - commenta lo storico Mazzucchelli nel suo "Robespierre" - non permetteva a nessuno di sentirsi direttamente colpito; d'altra parte non permetteva pure ad alcuno di sentirsi sicuro"58. Notevoli le analogie con la tecnica normativa penalistica dell'U.E..


       57 Pierre Gaxotte, "La Rivoluzione francese", prima edizione 1949, cap. XII ("Il Terrore comunista").
       58 Mario Mazzucchelli, "Robespierre", Dall'Oglio ed., 1954, pag. 328.


       La procedura, ovviamente, sempre come nel mandato comunitario, era ridotta ai minimi termini, o meglio, praticamente soppressa: né interrogatorio dell'imputato, né preventiva istruttoria, né, salvo casi eccezionali, audizione di testimoni e nemmeno, infine, ministero di difensore.       L'accostamento tra Rivoluzione francese e Unione Europea appare tanto più legittimo ove si consideri che fu proprio con la Rivoluzione francese che cominciò a profilarsi il progetto di una unione europea fondata sull'abbattimento in tutto il continente dell'antico regime. Jean-Jacques Rousseau, che a giusto titolo è ritenuto il principale ideologo del gran ribaltone del 1789, nei suoi "Scritti sull'abbé de Saint Pierre" inserì il programma di una "Repubblica Europea" basata su cinque articoli fondamentali, retta da una "dieta" e dotata di "una forza di coazione e di coercizione per costringere ogni stato a sottostare alle deliberazioni comuni".
       Anche l'uso irrisorio e sfacciato della parola "libertà" per giustificare la peggiore delle tirannidi accomuna lo spazio di "libertà, sicurezza e giustizia" del mandato europeo alle leggi del Terrore.
       Sempre la figura di Rousseau offre lo spunto per accostare la Rivoluzione francese del 1789 a quella russa del 1917. Poiché questo non è un testo di storia, e nemmeno di filosofia, dobbiamo limitarci a brevi cenni per far presente al lettore un dato che potrebbe dimostrarsi con dovizia di argomenti, e cioè la continuità non solo ideale ma anche cospiratoria fra le due citate, grandi rivoluzioni. Basti qui dire che Rousseau, che della prima è pacificamente considerato il principale ideologo, nel suo famoso "Discorso sulle origini e i fondamenti della disuguaglianza" condannò la proprietà privata come fonte di tutti i mali e che nel "Contratto sociale" teorizzò "l'alienazione totale di ogni associato con tutti i suoi diritti a tutta la comunità", escluso, quindi, ogni diritto soggettivo.
       Aggiungiamo che la stessa parola "comunista" apparve per la prima volta nel 1785, in un libro di un autore tipicamente illuminista, Alexandre Victor Hupay de Fuvea, amico di quel promotore e protagonista della Rivoluzione francese che fu il conte di Mirabeau. Del resto lo stesso Hupay aveva già scritto, nel 1779, un "Progetto per una comunità filosofica" che è stato autorevolmente definito "la prima bozza completa di una società comunista nel mondo moderno"59. Non solo l'aggettivo "comunista", ma anche il sostantivo "comunismo" compare per la prima volta in quegli anni, coniato da un altro rousseauiano convinto, Restif de la Bretonne, detto il "Rousseau di strada" (Jean-Jacques des Halles) che a più riprese progettò una società comunistica in cui "Tutto deve essere in comune fra eguali. Ognuno deve lavorare per il bene comune. Tutti devono svolgere un'identica parte di lavoro"60. In queste parole è già evidente quella riduzione della società e dell'uomo alla dimensione lavorativa, e quindi economica e materiale, che sarà la caratteristica fondamentale del pensiero di Marx. Restif, come Rousseau, oltreché comunista era europeista e mondialista "ante litteram", e quindi internazionalista, tanto è vero che nel 1782 pubblicò un libro intitolato "L'Andrografo o idee di un onest'uomo su un progetto di regolamento proposto a tutte le nazioni d'Europa per operare una riforma generale dei costumi e, attraverso di essa, la felicità del genere umano". Naturalmente la ricetta di felicità proposta all'Europa e al mondo era quella comunista. Il tutto, peraltro, nel contesto di un'opera improntata a uno sfrenato erotismo, a una "liberazione" sessuale che pure anticipa di molto gli "Orientamenti sessuali" del Parlamento europeo.


       59 James H. Billington, "Con il fuoco nella mente - Le origini della fede rivoluzionaria", "Il Mulino" ed., 1986, pag. 113. Il libro in cui apparve per la prima volta la parola "comunista" fu stampato a Lipsia nel 1785 sotto il titolo "Les contemporaines communes ou aventures des belles marchandes ouvrières etc., de l'age présent". James Billington è stato professore di storia alle università di Harvard e Princeton e, dal 1793, direttore del "Centro Woodrow Wilson" di Washington. La sua profonda conoscenza delle radici settarie della Rivoluzione nei suoi secolari sviluppi è ricollegabile anche al fatto che egli stesso, come il Buonarroti e tanti altri protagonisti della medesima, appartiene alla frammassoneria.
       60 Id., pag. 114.



       Più significativa ancora, e procediamo sempre per grandissime linee, è la figura di Filippo Buonarroti, ultimo discendente del grande Michelangelo. L'importanza di questo personaggio è sottovalutata nei libri di storia per le scuole, anche perché egli, da altissimo iniziato della frammassoneria, preferì sempre l'ombra delle sette segrete alle luci della ribalta politica, la parte nascosta del burattinaio a quella appariscente del burattino. Tale, peraltro, è la sua importanza nella propagazione, ben prima di Marx, del verbo comunista, che di lui è stato autorevolmente detto: "La lunga storia dell'organizzazione rivoluzionaria internazionale comincia con l'esilio di un individuo solitario, Filippo Giuseppe Maria Lodovico Buonarroti"61.

61 Id., pag. 130, cap. IV: "Le origini occulte dell'organizzazione".

       Formato sui libri di Rousseau il Buonarroti ebbe parte attiva nella Rivoluzione francese, fondando nel 1790 il "Giornale patriottico di Corsica" - che ne propugnava la causa in quell'isola - e partecipando alla fallita spedizione militare del 1792 della Francia rivoluzionaria contro la Sardegna.
       In veste di ideologo ufficiale della Rivoluzione egli aveva approntato sotto il titolo di "Codice della Natura" la costituzione della progettata, ma abortita Repubblica sarda. Venuto a Parigi vi conobbe, nel salotto Duplay, Robespierre di cui divenne amico e rimase sempre fervente ammiratore. Successivamente, al seguito degli eserciti rivoluzionarî, governò Oneglia come commissario della repubblica francese importando in Italia il Terrore giacobino. La sua carriera politica in Francia terminò con la famosa congiura comunistica "degli Eguali" di cui fu, con Gracco Babeuf e Sylvain Maréchal, uno dei tre capi e promotori.
       La sua opera di gran tessitore delle fila della nascente internazionale divenne più attiva durante i lunghi anni dell'esilio, a Ginevra prima e a Bruxelles poi, dove pubblicò nel 1828 la storia della cospirazione degli Eguali. La sua rete settaria si diffuse largamente in Europa grazie alle onnipresenti logge libero-muratorie.
       Buonarroti, invero, fu prolifico, instancabile creatore di società segrete paramassoniche. Fra esse però la più significativa e quella che ha formato oggetto di studî più approfonditi, fu proprio la prima da lui fondata, quella denominata dei "Sublimi Maestri Perfetti".
       Il professor Armando Saitta dell'Università di Pisa, massima autorità in materia di studi buonarrotiani, che tra l'altro fu direttore di "Movimento operaio" e che nel 1950 per primo mise mano sull'intero programma della detta società, ne ha efficacemente riassunto gli insegnamenti articolati in tre distinti gradi, i primi due dei quali, secondo lo stile massonico, erano considerati come scalini per ascendere alla piena luce del terzo.
       Sempre more massonico il primo grado ignorava tutto, perfino l'esistenza, degli altri due, e il secondo nulla sapeva del terzo, i cui iniziati, rimanendo nell'ombra, orientavano e dirigevano con parole d'ordine e programmi calati dall'alto tutta l'attività degli adepti di rango inferiore.
       Il Saitta così riassume i tre catechismi fra loro gerarchicamente ordinati:
       "gli adepti del primo grado professano la religione naturale, il principio della carità universale, dell'eguaglianza fra tutti gli uomini (in questa sede, è evidente, eguaglianza priva ancora di uno specifico connotato sociale), del patto sociale, della volontà generale (concetto che Buonarroti mutua pari pari da Rousseau, N.d.A.) come origine delle leggi e della libertà, della illegittimità di qualsivoglia governo basato su altri principî. Quelli del secondo grado conoscono e proclamano di più: la sanzione popolare della legge, la funzione pubblica derivata sempre dalla elezione a tempo determinato, la dottrina del tirannicidio (intendendosi ovviamente per tiranno il re delle monarchie tradizionali, N.d.A.), la libertà affidata a un insieme di sentimenti morali e a una mediocre agiatezza. Gli ideali dell'anno II, del momento cioè robespierrista della Rivoluzione francese, costituiscono la sostanza del giuramento del Sublime Eletto (il nome che compete all'adepto del secondo grado, N.d.A.). Ma il terzo grado svela ai suoi aderenti l'intero programma: tutto il male è venuto dalla improvvida divisione della terra e, dopo una sequenza quasi ossessionante nel suo graduale ricordo della corruzione dell'anima e del corpo degli uomini, della società, ecco la perorazione finale dell'abolizione della proprietà privata"62 e quindi del comunismo. È pari pari la dottrina di Rousseau nel suo citato "Discorso sulle origini e i fondamenti della disuguaglianza". Appare evidente da quanto si è detto che Buonarroti considerava la Rivoluzione francese come propedeutica a quella comunista.

62 Armando Saitta, "Buonarroti", Compagnia Edizioni Internazionali, Roma-Milano, pag. 60.

       Del resto anche Robespierre, l'eroe prediletto di Buonarroti, si professava fervente discepolo di Rousseau, tanto che fra le carte di sua sorella Carlotta si trovò una penosamente retorica e piuttosto grottesca "dedica di Massimiliano Robespierre ai Mani di Gian Giacomo Rousseau" nella quale il dittatore giacobino, rivolgendosi al defunto filosofo di Ginevra, che aveva personalmente conosciuto, fra l'altro declamava: "Il tuo esempio sta davanti ai miei occhi… Io voglio seguire la tua traccia venerata… felice se, nella pericolosa carriera di una inaudita rivoluzione, rimarrò costantemente fedele alle ispirazioni che i tuoi scritti mi hanno suggerito"63.

63 Mario Mazzucchelli, "Robespierre", cit., pag. 20.

       I protagonisti della rivoluzione bolscevica erano perfettamente consapevoli di raccogliere l'eredità di quella francese. Ciò è tanto vero che il fratello maggiore di Lenin, Alexandr Ilic Uljanov, nel processo conclusosi nel 1887 con la sua condanna a morte per complotto terroristico si richiamò espressamente al "Sacro Trinomio" che aveva costituito la divisa degli uomini del 1789: "Liberté, Egalité, Fraternité". "Dopo aver studiato scienze economiche e sociali - disse infatti ai suoi giudici - si rafforzò in me la convinzione dell'iniquità del sistema vigente, e le vaghe speranze di libertà, eguaglianza, fraternità acquistarono nella mia mente forme rigorosamente scientifiche e socialiste"64. Lo stesso Lenin, quando gli fu riferito il giudizio formulato sul suo conto da Plechanov: "Lenin è fatto della stessa pasta di Robespierre", così commentò: "Sì, un giacobino unito alla classe operaia è l'unico vero rivoluzionario"65.

       64 Ronald W. Clark, "Lenin, l'uomo dietro la maschera", Bompiani ed., 1990, pag. 20.
       65 Id., pag. 309.



 

XX

IL MANDATO DI ARRESTO EUROPEO E L'ARTICOLO 58 DEL CODICE PENALE SOVIETICO DEL 1926. "ARCIPELAGO GULAG". - ANCORA UNA CONSIDERAZIONE SULLA PENA DI MORTE E LE SUE PROSPETTIVE EUROPEISTE. - L'U.E. PER L'EUTANASIA E CONTRO LE PENSIONI

       L'equazione Unione Europea-Francia rivoluzionaria accostata a quella Francia rivoluzionariarivoluzione comunista, comporta, per la proprietà transitiva, l'equazione Unione Europearivoluzione comunista.
       Tale equazione, immediatamente verificabile nella programmatica avversione anticristiana e in quella manipolatoria confusione fra libertà e libertinismo vizioso di cui si è detto al capitolo precedente, deve essere riscontrabile anche in campo penalistico. Ebbene, ancora una volta il riscontro è perfetto: al mandato di arresto ed alla legislazione del Terrore fa da pendant l'articolo 58 del codice penale sovietico del 1926, reso famoso in Occidente da Alexandr Solgenitsin col suo libro "Arcipelago Gulag". Scrive al riguardo quell'autore:
       "Un paradosso, un solo articolo dei centoquarantotto della sezione particolare del Codice penale dell'anno 1926 ha dato impulso a tutta la pluriennale attività degli "Organi" esternamente vigili e ovunque presenti. In lode di quest'articolo si potrebbero trovare epiteti più numerosi di quanti ne avesse trovato una volta Turgenev per la lingua russa, o Nekrisov per la Madre Russia: grande, possente, abbondante, ramificato, vario, universale. Cinquantotto che esaurisce il mondo neanche tanto nella formulazione dei suoi punti, quanto nella loro interpretazione amplissima e dialettica.
       Chi di noi non ha sperimentato su di sé il suo abbraccio amplissimo. In verità non v'è trasgressione, pensiero, azione o inazione che non possa esser punito dalla mano dell'articolo Cinquantotto.
       Era impossibile formularlo così ampiamente, ma è risultato invece possibile interpretarlo con tale ampiezza"66
.


66 Alexandr Solgenitsin, "Arcipelago Gulag", Mondadori ed., 1974, pagg. 75-76.

       Con la sua esperienza di deportato sopravvissuto a nove terribili anni di "gulag", Solgenitsin passa al commento dei 14 punti dell'articolo 58, illustrando l'estrema genericità, e quindi l'illimitata offensività, delle sue previsioni quali anche venivano configurandosi nell'interpretazione giurisprudenziale. In tal modo egli dà voce, almeno di ricordo, a milioni e milioni di uomini che non hanno potuto parlare, o perché sterminati, o perché ridotti a larve, o perché ancora paralizzati dal terrore di esperienze inenarrabili.
       Rinviando il lettore a quell'opera famosa, ci limitiamo qui a citare alcuni passi che documentano come la tecnica del legislatore bolscevico ricalchi fedelmente quel sistema della genericità illimitata che dà spazio a un del pari illimitato arbitrio, che aveva caratterizzato le leggi del Terrore, e che si rincontra puntualmente nel mandato d'arresto europeo.
       Uno dei più significativi dei detti 14 punti è il primo che Solgenitsin così espone: "dal primo (punto) apprendiamo che viene riconosciuta controrivoluzionaria qualsiasi azione (secondo l'articolo 6 del codice penale anche inazione) diretta… a indebolire il potere…"67. Ad illustrare fino a che punto potesse spingersi col rinforzo di una volonterosa giurisprudenza una norma di già così incommensurabile ampiezza, il nostro autore ne illustra questa applicazione:


67 Id., pag. 76.

       "interpretando in senso lato risulta che il rifiuto, nel lager, di andare a lavorare quando sei affamato ed estenuato è indebolimento del potere e ha per conseguenza la fucilazione"68.
       Tra le figure più suggestive citiamo la sesta, "spionaggio", che, giacobinescamente, veniva estesa in giurisprudenza al "sospetto di spionaggio" e persino a "rapporti atti a condurre a sospetto di spionaggio"69. Per darci un'idea dell'offensività di questa previsione Solgenitsin scrive che essa era interpretata "così estensivamente che, se si dovessero contare tutti i condannati secondo tale punto, bisognerebbe concludere che il nostro popolo nei tempi di Stalin non visse né di agricoltura, né di industria, ma di solo spionaggio"70.
       Il settimo punto "danno recato all'industria, ai trasporti, al commercio, alla circolazione monetaria e alla cooperazione", spiega Solgenitsin, nella pratica veniva indicato con la parola "sabotaggio" 71, venendo così significativamente a coincidere col trentaduesimo e ultimo punto dell'articolo 2 del mandato di arresto europeo.
       Citiamo, per ultimo, l'ottavo punto del famigerato articolo 58: "terrore"72 perché coincide esattamente con la seconda figura di "reato" dell'articolo 2 del mandato di arresto europeo: "terrorismo". Forte della sua esperienza sulla casistica giudiziaria maturata attraverso la conoscenza delle vicende dei compagni di pena, Solgenitsin ci riferisce che, combinata con l'articolo 19 del medesimo codice, che puniva la "preparazione" peraltro estensivamente equiparata alla "intenzione", questa fattispecie comportava applicazioni abbastanza sconcertanti: "Non solo la minaccia inequivocabile profferita al banco della birra: "Ora ti sistemo io", diretta a un attivista, ma anche l'esclamazione stizzosa d'una donnicciola al mercato "Accidenti a lui" era qualificata come I.T., intenzione terroristica e portava all'applicazione dell'articolo in tutta la sua severità"73. A ben vedere la tecnica paradossale del legislatore europeo è esattamente quella del legislatore bolscevico: prevedere un, il più delle volte, immaginario terrore dal basso per giustificare un realissimo e onnipotente Terrore dall'alto.


68 Ibidem.
69 Id., pagg. 78-79.
70 Id., pag. 78.
71 Id., pagg. 79-80.
72 Id., pagg. 80-81.
73 Id., pag. 81.

       A conclusione di questo capitolo si impongono tre osservazioni. La prima è che quando Solgenitsin definisce, come abbiamo visto, l'articolo 58 del codice penale bolscevico "grande, possente, abbondante, ramificato, vario, universale… che esaurisce il mondo", non immaginava che il legislatore europeo avrebbe escogitato una "universalità" smisuratamente più estesa. Egli, infatti, ha introdotto delle figure astratte non solo ancora più universali, ma suscettibili di conformarsi, articolarsi ed ampliarsi, in (per ora) 25 modi diversi in relazione alle 25 legislazioni dei 25 Paesi dell'Unione e, all'interno di queste 25 legislazioni, in molteplici giurisprudenze diverse. Quante? Tante quante sono le migliaia di giudici penali dell'Unione stessa.
       Infatti ogni giudice di primo grado di questo felice "spazio di libertà, sicurezza e giustizia" potrà spedire contro di me il mandato di arresto che verrà automaticamente eseguito. Quando poi sarò scomparso nelle carceri del più remoto paese dell'Unione, della cui lingua non conosco parola, per me, come per ogni altro, la difesa sarà impossibile, anche perché proprio l'estensività è lo spirito che caratterizza la nuova legislazione europea, in radicale contrapposizione al divieto di interpretazione analogica che caratterizza il diritto penale ancora vigente.
       La seconda considerazione è che ci troviamo di fronte alla realizzazione compiuta del progetto comunistico di Rousseau: "la alienazione totale di ciascun associato con tutti i suoi diritti", e cioè la negazione di ogni diritto in nome di una beffarda "libertà".
       La terza considerazione concerne la pena di morte, su cui già ci siamo soffermati al capitolo V della seconda sezione, riflettendo sugli spiragli che il mandato europeo apre nei suoi confronti. Le rilevanti correlazioni coi precedenti della Rivoluzione francese e russa, i cui principî il detto mandato, come si è visto, non solo riprende, ma grandemente dilata, portano a chiedersi: quella pena, di cui entrambe le dette rivoluzioni furono generosissime largitrici, sarà reintrodotta, magari, dapprima (o forse solo), in qualche lontano paese dell'U.E.? Per il principio della cancellazione dei limiti della competenza territoriale, già questa prima misura è sufficiente per rendere detta pena operante su scala continentale. E' lecito porsi questa domanda poiché chi ha approntato queste norme liberticide non può non conoscere la portata dei principi di sconfinata tirannide in esse contenuti. In concreto, poi, non può ignorare come operò, e pertanto come potrà operare, la macchina della repressione globale.
       Ghigliottina e Rivoluzione francese; colpo alla nuca, fucilazioni di massa e Rivoluzione russa, nella memoria storica sono dati inscindibilmente connessi. La Rivoluzione, del resto, non è affatto nuova a queste radicali inversioni di rotta. Basti ricordare che Robespierre fu il primo in Francia a prendere posizione contro la pena di morte con un appassionato discorso tenuto il 30 maggio 1791 all'Assemblea Costituente. Proprio lui, l'uomo che, come commenta sgomento uno dei suoi più autorevoli biografi, "nel '94 immolerà tutti i suoi avversari, che farà approvare l'atroce legge del 22 pratile, che presiederà, in un certo modo, le ecatombi del Terrore"74.
       Similmente - ci informa Solgenitsin - "il motto dei bolscevichi al momento del colpo di stato era "Abbasso la pena di morte ripristinata da Kerenskij""75.


74 M. Mazzucchelli, "Robespierre", cit., pag. 83.
75 A. Solgenitsin, "Arcipelago Gulag", cit., pag. 435.


       Del resto, a ben vedere, la pena di morte irrogata ad libitum rientra perfettamente nella logica della concezione europeista dell'uomo, privato di ogni diritto e quindi ridotto al livello di una cosa o di un animale di cui una ristrettissima classe di tecnocrati può disporre a proprio piacimento, con potere quindi di vita e di morte76. Sarebbe sorprendente se la Rivoluzione europeista, che si presenta con un apparato giuridico, e quindi ideale, molto più oppressivo di quella francese e di quella russa, rinunciasse a questo evidente corollario dei principî che la ispirano.


.       76 In realtà la categoria dei tecnocrati e dei banchieri è solo l'aspetto più emergente del potere occulto europeista. Vi sono gerarchie più profonde e ancor più invisibili. Il lettore nuovo a questo delicato argomento ne avrà avuto forse sentore quando abbiamo parlato di Filippo Buonarroti e delle sue società segrete, in particolare di quella dei "Sublimi Maestri Perfetti". In questa sede, peraltro, non possiamo occuparci di questo pur interessantissimo argomento che getta gran luce anche sullo spirito e i retroscena del mandato d'arresto europeo. Rinviamo pertanto il lettore che volesse saperne di più al già citato volume di Epiphanius, "Massoneria e sette segrete, la faccia occulta della storia", ed. Ichthys, via Trilussa 45, 00041 Albano Laziale (Roma).

       Una delle caratteristiche più qualificanti delle due grandi rivoluzioni che hanno preceduto e preparato l'attuale e che si evidenzia nel loro sistema normativo, è infatti la negazione dell'individualità, e quindi della persona, cancellata nella Francia del 1789 dalla "volontà generale" di Rousseau, che annichila tutte quelle personali, e nella Russia bolscevica dall'idolatria del lavoro e da una conseguente visione dell'uomo solo come produttore. In siffatta visione economicistica ed utilitaristica, Marx nega l'autonomia, e in definitiva la stessa realtà di tutto ciò che costituisce la personalità: convinzioni religiose e morali, produzione artistica e letteraria, affetti, e quindi vincoli familiari, per lui sono solo ingannevoli fantasmi, sovrastrutture inconsistenti.
       Per lui, come per l'Europa dei tecnocrati e dei banchieri, tutto è economia, onde l'uomo è solo un fattore di produzione e vale per quel che produce.
       Solgenitsin, che ha avuto modo di gustare le delizie del "paradiso" sovietico (chi ha vissuto gli anni del dopoguerra ricorderà certamente che come tale ci veniva presentato) spiega che in questo contesto di cancellazione della personalità i giuristi sovietici, e in particolare Krylenko, il grande accusatore dei primi processi bolscevichi, e, sia pure con sfumature diverse, il potente ministro Vishinskj giunsero alla conclusione che il concetto di responsabilità, e con esso quelli di "colpa" e "innocenza" erano stati "abrogati dalla rivoluzione proletaria" perché "antiquati" sostituendosi ad essi il parametro della "convenienza di classe". Nell'Unione Europea la negazione della personalità è ancor più radicale. In essa infatti, come abbiamo visto (cfr. supra, capitoli XIII e XIV) nel contesto della lotta contro il "razzismo e la xenofobia" è vietato, e severamente punito, ogni "convincimento", vale a dire ogni convinzione morale e religiosa, così come ogni attaccamento alle proprie radici spirituali e storiche. Ciò si risolve, come pure si è detto, nella criminalizzazione del pensiero in quanto tale e con esso della stessa natura umana, se per uomo si intende una creatura ragionevole (v. supra cap. XIII).
       Sennonché una volta demonizzata come "discriminante" la moralità, fondamento primo di ogni convivenza e base del diritto, è evidente che il principio aggregante del Nuovo Ordine europeo non potrà essere che il Terrore.
       È precisamente in quest'ottica che il già citato Pubblico Ministero Krylenko ebbe ad affermare pubblicamente che i tribunali rivoluzionarî sono chiamati ad attuare "un sistema di intimidazione, terrore e minaccia"77.


77 A. Solgenitsin, "Arcipelago Gulag", cit., pag. 325.

       Sotto il profilo storico è istruttivo considerare come la riduzione dell'uomo alla sola dimensione materiale ed economica, vero e proprio capovolgimento dell'insegnamento di Gesù Cristo: "Cercate prima il regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato per giunta" (Mt 6, 33), abbia portato sia nella Rivoluzione russa che in quella francese a condizioni di miseria e di fame raramente raggiunti nella storia. Nell'uno e nell'altro caso, comunque, fu enormemente peggiorato il livello di agiatezza preesistente.
       Ancor più istruttivo è soffermarsi a riflettere come la concezione spersonalizzante e massificante della Rivoluzione, che - si ripete - giunge al suo acme con la criminalizzazione europeistica dei "convincimenti", sia radicalmente contraria a quella cristiana.
       In quest'ultima, infatti, il principale rapporto è quello personale fra il singolo individuo e Dio, Padre e Legislatore. Colui che ne osserva i Comandamenti è per ciò stesso in perfetta regola con la società che poco o nulla ha più da chiedergli. Il peccato, offesa anzitutto verso Dio, assurge a reato nelle sue forme più gravi, quando va direttamente ad incidere sulla sfera della libertà degli altri fratelli, figli dello stesso Padre. Il "non ammazzare", il "non rubare", il "non commettere atti impuri", il "non dire falsa testimonianza" sono precetti di grandissima rilevanza sociale: essi, invero, stabiliscono limiti e con ciò stesso fondano diritti: da quello principale alla vita, a tutti gli altri. Questi diritti, immutabili come il Padre Legislatore che li ha posti, sono intangibili: nessuna autorità umana è autorizzata a violarli, nessuna "convenienza di classe" o di altro genere può essere invocata per abrogarli. La somma dei miei diritti è la mia sfera di libertà: la Legge divina è legge di libertà.
       Di contro, nella società massificata dove la personalità è delitto e l'uomo marxisticamente e liberalisticamente inteso - e quindi ridotto al solo piano materiale - è considerato unicamente in quanto produttore, la "convenienza" regna sovrana: chi non produce è un peso morto. Se nel cattolicesimo la malattia, la sofferenza offerta a Dio, l'invalidità e la saggia vecchiaia diventano altrettante "ricchezze", nell'Europa dei banchieri esse non hanno senso. È in questa visione materialistica ed economicistica dell'uomo che si inquadra la proposta di risoluzione a favore dell'eutanasia di cui si è detto al capitolo XVI, e, con essa, gli assidui richiami europeisti alla revisione dei sistemi pensionistici: la pensione è un puro peso senza contropartita: eutanasia e graduale soppressione delle pensioni sono due tasselli reciprocamente integrantisi di un medesimo piano.
       L'istituzione, poi, di assicurazioni volontarie fiduciosamente affidate all'onestà delle compagnie assicurative e delle banche e alle speculazioni di borsa, concentra ulteriori, amplissimi mezzi di manovra, (oltreché di tosatura) nelle mani del potere finanziario che nell'Europa dell'euro domina sovrano78.


78 Con questo discorso non vogliamo dire che il potere dei banchieri sia quello sommo e che il profitto di alcuni sia il principale obiettivo dell'U.E.. Ci riportiamo a quanto già accennato al riguardo in nota a questo capitolo anche in ordine all'impossibilità di affrontare in questo studio gli aspetti più profondi della questione. Rinnoviamo pertanto l'invito alla lettura dell'opera già indicata alla richiamata nota.


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