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VIA CRUCIS
PRIMA STAZIONE
GESÚ CONDANNATO A MORTE

di S.P.

Pensando di fare cosa gradita al nostro lettore, riportiamo qui di seguito, oggi, Domenica delle Palme, una breve meditazione sulla Prima Stazione della Via Crucis. Ad essa ne faremo seguire qualche altra nel corso di questa Settimana Santa.

La Redazione

       "Nessuno è superiore al suo Maestro: se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi"(Gio.15, 20). Chi vuol venire dietro a me, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua". (Lc 9,23)
       A riflettere bene, nella Via Crucis è rappresentata la storia di ogni cristiano, la Via Crucis è la vita di ogni cristiano, di ognuno di noi, seguaci di Cristo. In questa valle di lacrime, il mondo superbo e vile dei Pilato crede di potere condannare ingiustamente, di potere addossare croci pesanti, di potere annientare con le sofferenze, le torture e la morte; non sa che così facendo produce seguaci di Cristo; non capisce e non gusta il bellissimo spettacolo di tantissime croci che procedono dietro alla Grande Croce, di tanti santi felici di soffrire per Cristo.
       Gesù avanza, e loro avanzano. Gesù cade, e loro cadono. Gesù viene aiutato, e loro si aiutano e chiedono aiuto. Gesù cade una prima, una seconda, una terza volta, e loro pure. Gesù muore in croce... regna dalla croce (regnavit a ligno Deus), e loro pure. I santi... I santi hanno avuto costanza nel seguire Gesù: dopo le cadute si sono rialzati, hanno chiesto aiuto al prossimo, hanno invocato l'Addolorata, hanno ottenuto forza e coraggio dal Re dei Dolori.
       Ma noi, noi, facciamo altrettanto? abbiamo la coerenza e la costanza dei santi? Benediciamo e abbracciamo con amore la nostra croce? O recalcitriamo di fronte al dolore e alla sofferenza? Preferiamo il sacrificio del dovere o il piacere del comodo?
       Oggi tutti ci diciamo cristiani, tutti vogliamo essere ritenuti buoni cristiani. Ma abbiamo mai riflettuto sul significato della parola? Cristiano significa seguace di Cristo. Siamo noi veramente i seguaci di Cristo? Se sì, ubbidiamo veramente al comando divino di prendere ogni giorno la nostra croce?
       Come e quanto è diverso il giudizio del mondo da quello di Dio! Il profeta Isaia, al vedere Gesù sotto il peso della passione, esclama: "Noi lo credevamo trafitto, percosso da Dio ed umiliato, mentre egli fu piagato per le nostre iniquità, fu calpestato per i nostri peccati. Il castigo, che è salvezza per noi, pesò su di lui e le sue piaghe ci hanno guarito" (Is 53, 4-5)
       Gesù, uomo-Dio, ci ha fatto un dono stupendo: ci ha trasformato la sofferenza da castigo in merito. Prima la sofferenza era solo e soltanto il castigo e la conseguenza di un peccato, del peccato originale. Ora, invece, la sofferenza è un dono ed un segno di predilezione, è il dono di Chi, con la sofferenza, ci permette di assomigliarGli. E come Cristo ci ha guarito con le sue piaghe e salvato con la sua morte, così, pure noi, possiamo guarire (con Lui e in Lui) i mali del mondo, possiamo lenire i dolori del prossimo, possiamo salvare chi è in procinto di perdere l'eterna salvezza.        Accettiamo come Cristo, per Lui e con Lui, la sofferenza, accettiamo la croce che Dio ci dona: chi soffre è più vicino al cuore di Dio: chi soffre è più seguace di Cristo: chi soffre è più simile a Cristo chi soffre dà quasi una mano a Cristo per salvare se stesso e gli altri. La sofferenza è un dono, un dono meraviglioso, è l'unica nostra fonte di ricchezza, è un potente mezzo per acquistare dei meriti.
       Ma guai a noi se, di fronte al dolore, di fronte alla croce, paurosamente, come Pietro, rinneghiamo il Maestro dei Dolori: "Non conosco quell'uomo!" (Mt.26,74). Abbiamo promesso a Cristo di seguirLo e di mai rinnegarLo: siamo coerenti e fedeli alla promessa!
       Una croce, al battesimo, ci ha segnato: grazie, Gesù, se tante croci continuano a segnarci nella vita: dacci, o Gesù, la grazia di una croce che nel momento estremo della vita ci innalzi fino a Te per poterTi sentire sussurrarci, come al buon ladrone: "In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso" (Lc 23,43).
       Oggi noi ci sentiamo più buoni e... più forti, forse ci stiamo entusiasmando come Pietro all'ultima cena, forse come Pietro stiamo peccando di presunzione, sicuri di sapere e di volere accettare e portare la croce con le sole nostre forze. E' difficile, è impossibile con le sole nostre forze, ma è facile e possibile se ci facciamo sostenere da Gesù: "omnia possum in eo qui me confortat", dice San Paolo, "tutto posso con Cristo che mi sostiene".
       Ma attenti: accettare la croce non significa portarla al collo come un amuleto pagano, non significa accettare solo le grandi sofferenze, le grandi prove, ma significa soprattutto accettare le piccole, quelle di ogni giorno, significa soprattutto ed essenzialmente vivere da cristiani, osservare tutti e dieci i Comandamenti, tutto e intero l'insegnamento della Chiesa, ubbidire alla Chiesa.
       Non si può essere cristiani una volta alla settimana (quando andiamo in chiesa) o peggio una o due volte all'anno (a Natale e a Pasqua), durante e soltanto in questa Via Crucis. Cristiani bisogna esserlo sempre, in ogni istante della nostra vita, in chiesa, al lavoro, per la strada, in famiglia, in ogni nostra attività, in ogni nostra azione, in ogni nostra scelta privata o pubblica: questa è la coerenza del cristiano! Cristiano sempre. Cristiano ad ogni costo.
       Coraggio! Gesù ci assicura: "Sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato sino alla fine, questi sarà salvo" (Mt.10,22). Ma ricordiamo che lo stesso Gesù ci ammonisce: "Chi non prende la sua croce e mi segue, non è degno di me" (Mt 10,38).

S.P.

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