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MADRE TERESA di Calcutta
È una beata da altare?

di  Don Luigi Villa

Fonte: Chiesa Viva, n. 440, Luglio-Agosto 2011

       Noi sinceramente ci auguriamo e speriamo che Madre Teresa si sia salvata e che quindi sia beata come lo sono appunto tutti coloro che si salvano, ma è ovvio che c'è una bella differenza tra il semplice salvarsi e l'essere beato o santo da altare. Quello da altare deve aver vissuto la vita praticando in maniera eroica ed "esemplare" le virtù cristiane: nessun'ombra dovrà offuscare le sue virtù.
       Ora è più che risaputo che le canonizzazioni (cioè la dichiarazione di santità) e a maggior ragione le beatificazioni non sono garantite dal domma dell'infallibilità e quindi, purtroppo, può accadere che venga dichiarato "santo" chi santo non è, nel senso che non è "santo" da altare. Ovviamente questo è ed è stato un motivo di prudenza, di grandissima prudenza: per questo i processi canonici "prima" duravano parecchio, anche centinaia di anni, si preferiva esaggerare in prudenza, piuttosto che rischiare di cadere in errore.
       Giovanni Paolo II invece, contrariamente alla tradizione della Chiesa, ha preferito l'imprudenza (parliamo di "imprudenza" per non dire di peggio) e ha inflazionato la schiera dei Santi e dei Beati, un quintuplo dei Santi precedenti (271!) e addirittura 631 beatificazioni! Ovviamente la "furbizia" (o malizia?) è stata quella di infilare, tra i santi veri, quelli fasulli, uno vero e uno fasullo (un Pio IX e un Giovanni XXIII, un De Balaguer e un Padre Pio)... Dispiace comunque dover annotare che Benedetto XVI segue allegramente il cattivo esempio di GP II... asinus asinum fricat!

Interessantissimi sono a tal proposito i due articoli dell'instancabile Sac. Don Luigi Villa:
1) Papa Giovanni Paolo II (una beatificazione sacrilega?),-
2) Madre Teresa di Calcutta: è proprio da altare?

       Non crediamo che Madre Teresa sia beata, e per tanti buoni motivi, fra i quali:
       1) le sue frequentazioni di persone non proprio raccomandabili;
       2) l'uso distorto che fece del denaro ricevuto per alleviare le sofferenze dei poveri (infatti non si può imporre ad un sofferente di soffrire di più, quando si ha la possibilità di alleviargli il dolore);
       3) la mancata amministrazione del battesimo a bambini moribondi....

       Qui di seguito riproduciamo l'articolo su Madre Teresa.

La Redazione

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione

       [...] Agnes Bojaxhiu nacque il 27 agosto 1919, a Skopje. [...] Dopo i 18 anni decise di farsi Suora.
       Entrò nel convento della Congregazione delle Suore di Loreto, poi, andò a Zagabria, poi a Dublino e poi sbarcò a Colombo (Bengala) nella missione del suo Istituto. Poco dopo, lasciò l’Istituto per fondarne uno suo: “Le Passionarie della Carità”, in India, dove pose la sua sede, diventando, così, indiana di cittadinanza. Le residenze da Lei scelte furono Calcutta, la città di Tagore, di Ray, Rose e Mrimal Sen.

       Calcutta era una città che aveva studi cinematografici, teatri, una Facoltà Universitaria, Riviste, come espressione della vitalità della sua gente, oltre la bellezza e varietà della sua architettura. Ma era anche città, però, con molta gente che viveva sui marciapiedi, simbolo della non poca indigenza.
       Il detto di Madre Teresa “più poveri tra i poveri e più umili tra gli umili”, fece di quella città una città di poveri, affollata e sporca. Eppure, i suoi abitanti lavoravano e lottavano per non mendicare. Ma per Madre Teresa i poveri non avevano nomi propri, ma solo quello di “poveri” o “malati”.

       In un libro ben documentato e affidabile, tra le cui testimonianze si citano parecchie infermiere delle case della “Carità” di Madre Teresa, e dove si cita un celebre medico (direttore di una importante Rivista medica, “The Lancet”), si viene a sapere che in queste case della “Carità” mancavano anche le più elementari regole igieniche sanitarie, come, ad esempio, il tralasciare di disinfettare gli aghi, mancanza di analgesici e sedativi, e costanti superficialità delle diagnosi. Madre Teresa, cioè, non ci teneva a una seria pianificazione medica. C’è persino da domandarsi il perché i malati venivano tenuti in stanze senza riscaldamento, e perché venivano fatti riposare su panche di legno. Quando un ricco benefattore fece costruire una “Casa della Carità” con tutti i comfort, moquette e impianto di riscaldamento, letti e poltrone, Madre Teresa fece buttare via tutto! La volontà di Madre Teresa era di essere povere tra i poveri, anche quando Lei si faceva baciare i piedi dai moribondi!

 

 

       In tutti i tempi, Madre Teresa chiedeva soldi anche ai peggiori dittatori, come, ad esempio, a Duvalier, il dittatore di Haiti, al quale chiedeva soldi -diceva- per sanare la povertà, pur sapendo che il delinquente dittatore generava egli stesso la povertà, affinché i poveri rimanessero sempre più poveri.
       Quali motivi, allora, ci potevano essere per Madre Teresa di vantarsi di dirigere oltre 500 case religiose in 105 paesi, oltre quelle in India, quasi fosse la Presidente di una multinazionale delle missioni? Il fenomeno Madre Teresa assumerebbe dimensioni politiche, come se il soprannaturale non c’entrasse per nulla.
       Qui, riporto un dialogo, vero e documentato, che si direbbe cinico e raggelante. Eccolo: Un “povero” sta per morire, rantola e si contorce dai dolori per un cancro allo stato terminale. Di fronte a lui, in piedi, c’è Madre Teresa che gli tiene la mano, gli dice: «Stai soffrendo come Cristo sulla croce: sicuramente è Gesù che ti sta baciando». Il “povero”, però, risponde: «Per favore, allora digli di smettere di baciarmi!».
       Allora, che ci faceva Madre Teresa a Port au Prince, presente a consegne ufficiali di onorificenze, insieme all’oligarchia locale, una arroventata dittatura dei Caraibi? E che dire dell’amicizia con Joha Roger che consegna a Madre Teresa un assegno di diecimila dollari, sotto forma di “Premio Integrità”, donato da uno che era considerato un impostore di calibro iperbolico?
       Certo, “pecunia non olet”, ma perché Madre Teresa lasciò Calcutta per andare fino a Tinselown, per condividere la sua immagine con un guru che si vantava di eclissare nientemeno che il Redentore?..

 


Copertina del “Time” del 23 agosto 2007, in cui, nell'articolo
“La vita segreta di Madre Teresa”
si dimostra,
con le lettere scritte dalla Suora,
il “buio e il vuoto della
sua anima
” e la sua “mancanza di fede".

       Ma Vedremo ancora una Madre Teresa in compagnia di svariati altri imbroglioni, truffatori e sfruttatori. Una foto, ad esempio, ritrae Madre Teresa in mezzo a Hillary Rodham Clinton e Marion Barry, mentre apre un centro adozioni, con otto posti letto, nei sobborghi di Washington. Ebbene, Marion portò la capitale all’estrema povertà, e Rodham Clinton distrusse una coalizione per l’assistenza sanitaria nazionale.
       Ancora: Hillary Clinton, in un orfanotrofio di Madre Teresa di Nuova Delhi, dove i neonati, normalmente coperti solo da sottili pannolini di cotone che fanno ben poco oltre a provocare esantemi ed esacerbare il “frizzo d’orina”, quel giorno, invece, erano vestiti con Pampers americani e grembiulini a fiori.
       Si guardi ancora Madre Teresa in un abbraccio ardente con Michèle Duvalier, una donna famosa per la sua frivolezza e corruzione, un vero sepolcro imbiancato e una parassita dei poveri che la si direbbe una complice di poteri terreni e secolari.

      Eppure, Papa Giovanni Paolo II ha avuto come una passione per la causa di beatificazione di Madre Teresa.
       Durante i suoi anni di Pontificato ha fatto un impero di Santi, un quintuplo di tutti i Santi predecessori. Sotto il suo regno, infatti, ha fatto 271 canonizzazioni e 631 beatificazioni... Prima di Lui, gli altri Papi erano stati lenti a canonizzare, mentre Giovanni Paolo II, invece, abbandonò ogni riserbo, dando per certa la beatificazione e la canonizzazione di Madre Teresa, quasi fosse un’inviata di un papato assai politicizzato. E, quasi adorata da ingenui e sprovvisti di senso critico, per molti altri invece è sembrata una accorta imbrogliona da saper gabbare la folla, memori del “populus vult decipi, ergo decipiantur”.

 

 

       Entrando nella sede della “Missionarie della Carità” in Bose Road, si ha una specie di shock. Se è Madre Teresa che fa da guida, si resta scioccati nel vedere come Lei accettasse di farsi baciare i piedi, calzati di sandali, in quella “Casa dei Moribondi”, illuminata da piccole finestre, poste molto in alto. Ma ella disse: «Lo scopo del mio operato è un’espressione religiosa, un’espressione del nostro amore per Cristo. I nostri cuori hanno bisogno di essere ricolmi di amore per Lui, e siccome dobbiamo esprimere quell’amore con l’azione, allora, naturalmente, i più poveri tra i poveri costituiscono il mezzo per esprimere il nostro amore per Dio».

 

 

       Ma molti, invece, hanno creduto che l’operare di Madre Teresa sia stato, fondamentalmente, umanistico. Prediamo un esempio: la visita del dott. Robin Fox, a Madre Teresa, nel suo centro di Calcutta. La situazione descritta dal dott. Fox è quella di un ambulatorio improvvisato e povero, in una zona completamente disastrata, dalla quale, però, da oltre 40 anni, quella “Casa dei Moribondi” raccoglieva enormi quantità di denaro e di attrezzature. Ma Madre Teresa voleva che il suo ambulatorio rimanesse com’era, trascurando volutamente ogni assistenza medica e cura appropriata. La spiegazione era su un incredibile cartello, infisso sul muro della camera mortuaria: «OGGI, VADO IN PARADISO»!

 

 

      Mary London, una infermiera volontaria di Calcutta, scrisse a lungo sulla vita delle Suore e di tante donne volontarie di quella “Casa dei moribondi”, portando autentiche testimonianze di tanti pazienti dalla testa pelata, affermando che non c’erano né sedie né barelle, come non c’era un giardino né un cortile. Proprio niente di niente. Eppure, sono due stanze che ospitano 50-60 uomini, tutti moribondi, e un’altra stanza, con 50-60 donne, anch’esse morenti. Ma tutti ricevevano ben poche cure, neppure di antidolorifici, oltre l’aspirina. Ben poche anche le fleboclisi. Gli aghi, usati e strausati, venivano sciacquati, di tanto in tanto, da una Suora al rubinetto dell’acqua fredda. Ora, bisogna sapere che le entrate complessive di Madre Teresa erano più che sufficienti per attrezzare svariati ambulatori di prim’ordine. Ma la decisione di non usare quei soldi per questo scopo, fu di Madre Teresa, che, invece, fece gestire quei centri improvvisati e inefficienti che avrebbero avuto sicure denuncie se fossero stati diretti da un gruppo di medici di professione.

       Da sapersi, però, che Madre Teresa, si faceva ricoverare in cliniche tra le più eleganti e costose, mentre Lei, invece, si prodigava in carezze spirituali con gli ammalati, anche gravissimi. Molti volontari e volontarie, che avevano lavorato in ospizi e ambulatori di Madre Teresa, hanno testimoniato quell’indegno comportamento verso gli ammalati.

 

 

       In un suo manoscritto inedito, “In Mother’s House”, una donna, che per nove anni e mezzo aveva operato come Suora in Istituti di Madre Teresa, ma che poi lasciò, ha scritto: «A San Francisco fu messo a disposizione delle Suore un convento a tre piani, con molte stanze spaziose, lunghi corridoi, due scaloni e uno scantinato immenso (...); ma le Suore non esitarono a sbarazzarsi dei mobili indesiderati: tolsero le panche dalla Cappella e strapparono via tutta la mobilia delle stanze e dei corridoi. Buttarono i materassi dalle finestre e spogliarono l’edificio di tutti i divani, di tutte le sedie e di tutte le tende. Che avrà detto la gente che stava sul marciapiede a guardare sbalordita?..        Quel magnifico edificio fu, così, reso conforme allo stile di vita che doveva aiutare le Sorelle a diventare delle sante. Spaziosi soggiorni furono trasformati in dormitori, stipati di letti (...). Il riscaldamento rimase spento per tutto l’inverno nonostante la casa fosse umidissima. Nel periodo in cui vissi là, molte Sorelle contrassero la TBC».

 

 

       Ecco anche un altro esempio della “mens” di Madre Teresa di Calcutta.
       «Nel Bronx, c’era un progetto di aprire un nuovo ospizio per i poveri. Molti dei senza tetto erano malati e avevano bisogno di una sistemazione più stabile di quella offerta dal nostro obitorio. Avevamo acquistato un grande edificio abbandonato dal Comune, per un dollaro. Un collaboratore si offrì a dirigere i lavori, e incaricò un architetto di fare un progetto di ristrutturazione. La normativa ministeriale imponeva l’installazione di un ascensore per i disabili, ma Madre Teresa non voleva saperne. Allora, il Comune si offrì di coprire le spese per l’ascensore, ma anche quella proposta fu respinta. Dopo tutte le trattative e i programmi, il progetto per i poveri fu abbandonato e questo solo perché un ascensore per gli handicappati non era stato accettato (da Madre Teresa!)».

 

 

       Impressionante, quindi, la testimonianza di Susan Shields, la quale si rese conto che, nell’Ordine di Madre Teresa, non esisteva una vita ascetica, ma un régime di austerità e di confusione. Shields era turbata nel constatare che erano i poveri a soffrirne, sapendo che un’immensa fortuna in denaro, donata da tante persone di diverso rango, giaceva infruttuosa in conti bancari, ma che raramente, però, le Suore avevano il permesso di spendere per i poveri che dovevano aiutare.
       Con il tempo, Susan Shields, sempre più a disagio in quella finzione e ipocrisia di vita religiosa, scrisse: «Il grande afflusso di donazioni era considerato un segno della approvazione di Dio nei riguardi della Congregazione di Madre Teresa. Il nostro conto in banca, infatti, aveva già le dimensioni di una grande fortuna, e aumentava ad ogni nuova consegna della posta. Circa cinquanta milioni di dollari erano accumulati in un unico conto corrente, nel Brons. (...). Le donazioni arrivavano in grande quantità e venivano depositate in banca, ma non avevano mai alcun effetto, né sulla nostra vita ascetica né su quella dei poveri. (...). Senza una verifica contabile, quindi, era impossibile dire con certezza che fine facevano quelle montagne di soldi».

 

 

       Quando, nel 1979, Madre Teresa ebbe il “Premio Nobel” per la pace, molti si chiesero che cosa avesse fatto per ottenerlo.

       Io credo sia stato quel suo crescendo di premi che si diffondeva per la sua frequente presenza in televisione. Il Governo Indiano assegnò il premio del “Loto Prodigioso”. Il Vaticano II, nel 1971, le conferì il “Premio Giovanni XXIII” per la pace. A Boston, in quello stesso anno, ricevette il premio “Il Buon Samaritano”. A Washington, il 6 ottobre, ebbe il premio “Joda F. Kennedy” e l’anno successivo, a Boston, il principe Filippo le consegnò il “Premio Templeton”. L’Organizzazione delle “Nazioni Unite” per l’Agricoltura e l’Alimentazione, fece coniare una medaglia speciale, su cui la “dea Cerere” porgeva una spiga di grano a Madre Teresa, con l’iscrizione: “Cibo per tutti. Anno Santo 1975”. Nel marzo 1979, il Presidente della Repubblica Italiana conferì a Madre Teresa il “Premio Internazionale Balzan” del valore di 250 milioni di lire.

 

 

        Comunque, nessuno mai calcolò l’ammontare dei premi in danaro, assegnati da Governi e Organizzazioni semigovernative alle “Missionarie della Carità”, come pure nessuno ha mai chiesto che fine avessero fatto i fondi. Certo, si può dire che se quei soldi fossero stati utilizzati per dare, a Calcutta, un moderno policlinico, sarebbe stato certamente il migliore di tutto il Terzo Mondo. Ma questo, però non rientrava nella “mens” di Madre Teresa, che distribuiva i soldi per i poveri col contagocce mente largheggiava per l’attività religiosa del suo Ordine.
       E come mai il ladro d’alto livello, Reagan Keating, che con altri speculatori, mise in atto un criminale assalto ai depositi dei piccoli investitori americani, e poi, fece donazioni a Madre Teresa di 250.000 milioni di dollari, autorizzandola anche a servirsi del suo jet privato, che gli permise di sfruttare il suo prestigio? E perché durante il processo di Charles Keating, Madre Teresa scrisse alla Corte, chiedendo clemenza per l’imputato?
       Fu solo ingenuità quella sua richiesta di clemenza?

 

 

       Ecco cosa scrisse il Vice Procuratore di Los Angeles, Paul Turley, a Madre Teresa:
«Le scrivo per darle un quadro della provenienza dei soldi che Mr. Keating le ha donato, e per suggerirle di compiere un gesto morale ed etico di restituire il denaro ai suoi legittimi proprietari. Keating è stato condannato per aver frodato oltre 900.000 dollari a diciassette individui che rappresentano, a loro volta, 17.000 cittadini, ai quali Mr. Keating aveva rubato 252.000.000 di dollari. (...). Il motto biblico della sua organizzazione è: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a Me”. E proprio i più piccoli dei fratelli sono tra coloro che Keating ha spennato, senza batter ciglio. Come Lei ben sa tutti possono ottenere il perdono divino, ma il perdono deve essere preceduto dall’ammissione dei peccati. Mr. Keating non solo non ha ammesso i suoi peccati e i suoi crimini, ma insiste superbamente nel dare la colpa dei suoi misfatti ad altri...
(...)
Lei, esorta il giudice a guardarsi in fondo al cuore... e fare quello che farebbe Gesù. Io lancio la stessa sfida a Lei. Si chieda che cosa farebbe Gesù se gli donassero i frutti di un crimine; che cosa farebbe Gesù se venisse a trovarsi in possesso di denaro rubato; che cosa farebbe Gesù se un ladro si servisse di Lui per scaricare la propria coscienza. Immagino che Gesù restituirebbe prontamente e senza indugio i beni rubati... Lei dovrebbe fare lo stesso. Non tenga quel denaro, ma lo restituisca alle persone che lo hanno guadagnato col proprio lavoro!..

Cordiali saluti
Paul W. Turkey».

       Ma Paul Turkey non ebbe mai alcuna risposta alla sua lettera né mai alcuno poté render conto del come finirono quei soldi di Madre Teresa.
       Ora questo non è l’unico esempio dell’atteggiamento di Madre Teresa nel maneggiare il denaro e nei suoi rapporti poco chiari nei suoi rapporti col potere.

***

 


Madre Teresa con “Lady Diana”.
Benchè predicasse contro il “divorzio”, Madre Teresa,
quando Diana stava per divorziare, commentò: «È bene
che finisca così!
Nessuno dei due è più veramente
felice!
». (1)
Quando la “Principessa” morì, Ella disse di pregare per lei perché «in tante occasioni ha fornito fondi    (2) per rendere possibile la nostra opera di carità».

——————
(1) Un commento assurdo, ove il male (divorzio) è definito "bene" e ove il comando divino (nemo separet) è posposto a una fugace felicità terrena.

(2) Motivazione dettata dalla venalità, e non dalla carità cristiana.

       A questo punto, dopo che molti sono stati chiamati a dare testimonianza per la causa di beatificazione di Madre Teresa di Calcutta, mi permetto di fare anch’io un po’ di “avvocato del diavolo”, anche se quella figura giuridica è già stata accantonata. Ma forse arriverà anche il giorno in cui mi si darà ragione per aver fatto l’“advocatus diaboli”, anche se Giovanni Paolo II poté attivare la sua “catena di montaggio di santi” proprio per aver eliminato quell’unico funzionario -l’avvocato del diavolo- alla cui funzione tutti credevano.
       Non mi è certo facile dimostrare che Madre Teresa fu più amica della povertà che dei poveri. Ella lodava, infatti, la povertà, la malattia, la sofferenza, come “doni” di Dio, suggerendo a tutti gli ammalati di accettare con gioia quei “doni”. Per questo, la sua celebrata clinica di Calcutta non era, in realtà, che un ospizio di terza classe, dove si poteva solo morire, dove le Suore Mediche erano poche o addirittura inesistenti.
       Ma dove andavano allora, le somme enormi di denaro che riceveva Madre Teresa di Calcutta?.. La gran parte delle somme, Madre Teresa le spendeva per la costruzione delle sue case religiose, che costituivano il suo onore!
       Abbiamo già detto che Madre Teresa aveva fatto stretta amicizia con parecchi ricchi truffatori e sfruttatori, come i Charles Lincoln Savings & Loans, come l’omicida Duvalier di Haiti; accettando enormi donazioni in denaro, rubato ai poveri.
       E quando le veniva offerto un qualche bel posticino come avvenne a Washington, per aprire una Casa per il suo Istituto, Madre Teresa lo annientava, facendo rimuovere tuttociò che vi era di confortevole e di moderno. Gesti questi, però, da squilibrati!

 

 

       Altro che miracoli! Oggi ai medici che devono decidere su questi casi, vien chiesto solo di certificare che quelle guarigioni furono organiche, immediate e irreversibili, perché questo facilita il poter dire che “non c’è alcuna spiegazione naturale”. Perciò, bisogna confutare i “miracoli” che fece ancora in vita, perché la voce “miracolo” prende subito vita ma poi, ben difficilmente si può smentirla!
       È triste, quindi, sapere che Papa Giovanni Paolo II fu come un venditore di reliquie, e che infranse le sane regole che esistevano prima, solo per concedere trattamenti peciali, come quello per portare agli altari una persona, come Madre Teresa di Calcutta, che fu più scaltra che santa!

Don Luigi Villa

 

 

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