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LIMBO:
Ipotesi teologica o veritÀ di Fede?

di Hirpinus

Fonte: Sì sì no no, 15 Marzo 2006

Senza nota di eresia non si può negare che i bambini privi di Battesimo, che non può essere supplito in nessun modo, e che quindi passano col peccato originale all'altra vita, siano nell’impossibilità di raggiungere la salvezza eterna. Questa dottrina viene ritenuta dura e crudele dai Sociniani e dai razionalisti...

A. Knoll

 
Detto diversamente: è eresia dire che i bambini morti privi di Battesimo possono raggiungere la salvezza eterna.

Prendendo lo spunto da un'intervista a Bruno Forte, Hirpinus chiarisce e dimostra che quella del Limbo è una verità di Fede che trova il suo fondamento nella Scrittura e nella Tradizione apostolica. Tale verità quindi non può essere abolita da chicchessia, ovviamente, neppure dal Papa, il quale, invece, ha il dovere di difenderla e conservarla.

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Un'intervista di Bruno Forte

       Un Sacerdote, nostro associato, ci scrive: "L'ultima bella: si sta parlando dell'abolizione del Limbo. Tanti Santi Padri ne hanno parlato; atti del Magistero ne fanno espressa menzione; noi con la Chiesa lo abbiamo creduto ed ora la "Chiesa" stessa viene a dirci che non è vero: in altre parole, che ci ha ingannati! Di quante cose potremmo dire lo stesso! Ma basti così".
      All'indignazione di questo fedele ministro di Dio fa riscontro su Avvenire 18/1/2006 un'intervista rilasciata da mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto, membro della Commissione Teologica Internazionale «incaricata da papa Wojtyla di studiare "la sorte dei bambini morti senza Battesimo” e che sta preparando un testo da trasmettere a papa Ratzinger».
      
[...] «L'idea del Limbo -egli dice- era nient'altro [sic] che un'opinione teologica!” (A) e, come tale, non vincolava [sic] in alcun modo [sic] la fede") perciò «è da molto tempo che una migliore chiarificazione dei termini in questione e il conseguente abbandono dell’idea di "Limbo" erano apparsi ai teologi più avveduti come la prospettiva su cui lavorare». Naturalmente, tra questi teologi "più avvedut" (di chi lo vedremo) Bruno Forte si premura di segnalare "Joseph Ratzinger, l'attuale Benedetto XVI”; esposta quindi la nuova teoria, ci informa che la dottrina cattolica del Limbo è già scomparsa dal nuovo "Catechismo della Chiesa Cattolica" (B) (senza neppure attendere il lavoro di "chiarificazione" di cui sopra). [...].
      D'altronde, alla dottrina cattolica del Limbo lo stesso Forte, nell' intervista, già canta il De profundis (C) con i verbi tutti rigorosamente al passato ("era", "non vincolava"), per cui non è affatto temerario pensare che la Commissione Teologica Internazionale si sia radunata, non per "una migliore chiarificazione dei termini in questione", ma per celebrare solennemente i funerali della dottrina cattolica sul Limbo, già abbandonata dalla "nuova teologia".


 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A) Vedremo più avanti come era stata già definita una simile "opinione teologica".

 

 

(B) Ribadiamo che il Catechismo della Chiesa Cattolica, detto così in modo del tutto improprio, non è altro che il Concilio Vaticano II presentato in foma di catechismo.

(C) Dimostrando così tanta presunzione: a meno che non conosca già in anticipo la conclusione.

L' «idea del Limbo» non è nata dalla polemica antipelagiana, ma da una verità formalmente rivelata da Dio

      Seguiamo ora la via per la quale Bruno Forte si sforza di "rivedere gli insegnamenti costanti del magistero e di reinterpretare la rivelazione scritturale iniziale"(1).
     
Forte comincia con l’affermare che "l’idea del Limbo [...] era nient'altro [sic] che un'opinione teologica, nata per salvaguardare da una parte la tragicità delle conseguenze del peccato originale [minimizzate -spiega subito dopo- dai pelagiani (D)], dall’altra la giustizia e misericordia di Dio”.
      
Ci dispiace per Bruno Forte, ma l'idea del Limbo non è nata affatto dalla polemica antipelagiana, dalla necessità di salvaguardare contro questi eretici la dottrina del peccato originale. L'idea del Limbo è nata, per dirla col Journet, da una "rivelazione scritturale iniziale" e precisamente dalla solenne affermazione di Gesù a Nicodemo sulla assoluta necessità del Battesimo: "In verità, in verità ti dico, nessuno, se non nasce per acqua e Spirito Santo, può entrare nel regno di Dio” (Gv. 3, 5); affermazione rafforzata dal mandato di “battezzare tutte le genti (Mt. 28, 19) e dalla precisazione che “chi crederà e sarà battezzato sarà salvo” (Mc. 16,16).
      La Chiesa, senza attendere la polemica antipelagiana, trasse da questa verità di fede divina la prima conclusione: che non c'è speranza di salvezza soprannaturale per i bambini che muoiono senza Battesimo prima di aver raggiunto l'età della ragione. Perciò, seguendo la tradizione ricevuta dagli Apostoli, Essa [la Chiesa] ebbe cura di battezzare anche i bambini: "Ecclesia ab Apostolis traditionem suscepit etiam parvulis baptismum dare?, “la Chiesa ha ricevuto dagli Apostoli la traditone di battezzare anche i bambini” attesta, tra gli altri, Origene (Ad Romanos VI, 6) e il Concilio di Trento sancirà che si battezzano i bambini appena nati "ex traditione Apostolorum", "secondo la tradizione ricevuta dagli Apostoli” (Denz 791).
      Anche i Padri, sia greci, sia latini (= Tradizione), non attesero l'eresia di Pelagio per affermare all’unanimità che i bambini morti senza Battesimo, prima dell'età della ragione, sono esclusi dalla visione beatifica e per interrogarsi, come vedremo, sulla sorte di questi bambini nell’aldilà, avviando così la seconda tappa della riflessione teologica che, partendo dalla "rivelazione scritturale iniziale” porterà alla dottrina del limbo.
      La polemica contro i pelagiani diede al Magistero solo l'occasione per riaffermare quella che già era dottrina comune, e dottrina comune e costante della Chiesa, confermata dalla prassi universale ed incontrastata di battezzare i bambini.
      I pelagiani, per eludere la forza dei testi evangelici sulla necessità del Battesimo, favoleggiavano di una "Vita eterna", cioè di una beatitudine soprannaturale, cui sarebbero stati ammessi senza Battesimo i bambini e i giusti pagani, e la distinguevano artificiosamente dal "Regno dei cieli” cui, secondo la rivelazione di Gesù a Nicodemo, si può accedere solo per il Battesimo. Innocenzo I [401-417] così riassume e condanna la dottrina dei pelagiani: "che i bambini senza la grazia del Battesimo possano ricevere il premio della vita eterna è cosa da insensati” (P.L.t. 33 col. 785).
      
La definitiva condanna, con la riaffermazione solenne della dottrina costante e comune della Chiesa, venne, però, dal Concilio di Cartagine (418).
      Nel canone 2 di questo Concilio si legge: «chiunque nega che si debbono battezzare i bambini nati da poco o dice che essi vengono battezzati per la remissione dei peccati, ma che non traggono affatto da Adamo il peccato originale che viene espiato dal lavacro della rigenerazione, da cui consegue che per essi la formula del Battesimo "in remissione dei peccati” viene intesa non come vera, ma come falsa, sia anatema. Infatti non si deve intendere quanto dice l’apostolo [Paolo]: "Per un solo uomo è entrato il peccato nel mondo (e attraverso il peccato la morte), e si estese a tutti gli uomini; in lui tutti hanno peccato” (cf Rm. 5,12), diversamente dal senso in cui la Chiesa cattolica ovunque diffusa, sempre lo ha inteso. A motivo di questa regola della fede anche i bambini, che non hanno potuto ancora commettere peccato alcuno, vengono perciò veramente battezzati per la remissione dei peccati, affinchè mediante la rigenerazione venga in essi purificato quanto attraverso la generazione hanno contratto”.
      
E poiché i pelagiani si appellavano a Gv. 14, 2, il successivo canone 3 aggiunge: «se qualcuno afferma che il Signore ha detto: "Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore” (Gv. 14, 2), così che si debba intendere che nel regno dei cieli ci sia un qualche luogo intermedio o un qualunque altro luogo, dove vivano beati gli infanti che trapassarono da questa vita senza il Battesimo, senza del quale non possono entrare nel regno dei cieli, che è la vita eterna, sia anatema. Infatti, giacché il Signore dice: "Chi non sarà rinato dall'acqua e dallo Spirito Santo non entrerà nel regno dei cieli” (Gv. 3,5), quale cattolico può dubitare che parteciperà della sorte del diavolo chi non ha meritato di essere coerede di Cristo? Chi infatti manca dalla parte destra, senza dubbio finirà in quella sinistra”.
      
Il Concilio di Cartagine -ricordiamo- fu approvato da papa Zosimo [417-418] e il suo testo sarà ripreso, con l'aggiunta di poche precisazioni, dal concilio di Trento (1546):
      «Se qualcuno nega che i bambini appena nati debbono essere battezzati, anche se figli di genitori battezzati, oppure sostiene che vengono battezzati per la remissione dei peccati, ma che non ereditano da Adamo niente del peccato originale che sia necessario purificare col lavacro della rigenerazione per conseguire la vita eterna, per cui nei loro confronti la forma del Battesimo per la remissione dei peccati non sia ritenuta vera, ma falsa: sia anatema.
      
Infatti quello che dice l’Apostolo: “A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e col peccato la morte, cosi anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché in lui tutti hanno peccato” (Rm. 5, 12), non deve essere inteso diversamente dal senso in cui la Chiesa cattolica, ovunque diffusa, l'ha sempre inteso. A motivo di questa regola di fede, per tradizione ricevuta dagli Apostoli, anche i bambini, che non hanno ancora potuto commettere da sé alcun peccato, vengono perciò veramente battezzati per la remissione dei peccati, affinchè in essi sia purificato con la rigenerazione quello che contrassero con la generazione. "Se, infatti, uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio” (Gv.3,5)» {Denz. 791).

 

 

 

 

 

 

 

(D) Annotiamo comunque che Pelagio nasce nel 354 e muore nel 427 circa, al tempo di San Girolamo e di Sant'Agostino...

Il «disturbo» provocato dall' eresia pelagiana

      Molto prima della polemica antipelagiana i Padri greci, si erano interrogati sulla sorte nell'aldilà dei bambini esclusi dalla visione beatifica perché morti senza Battesimo e quindi con il solo peccato originale. Essi erano giunti concordemente alla conclusione che questi bambini non avevano da soffrire pene afflittive. Erano gli esordi della dottrina cattolica sul Limbo. Perché se il termine "Limbo", per designare il luogo riservato ai bambini non battezzati, è piuttosto tardivo (XIII secolo), non altrettanto tardiva è "l'idea del Limbo" come sorte o stato particolare riservato a questi medesimi bambini nell'aldilà. E questa "idea" non nasce, come vuole Bruno Forte, dalla polemica contro i pelagiani, ma nasce molto prima, già con i Padri greci (E), per esplicitazione graduale e coerente del contenuto latente nella verità di fede affermata da Nostro Signore Gesù Cristo in Gv. 3, 5.
      
I Padri latini, invece, pur affermando concordemente che i bambini morti senza Battesimo sono esclusi dalla visione beatifica, in generale sembrano non essersi posti, al pari dei Padri greci, il problema della loro sorte nell'aldilà. Ora il Concilio di Cartagine del 418 veniva a parlare per essi di "partecipazione alla sorte del diavolo”. Ma in che modo doveva intendersi questa partecipazione? Nel senso limitato che i bambini morti senza Battesimo sarebbero rimasti privi della visione beatifica al pari del diavolo oppure nel senso più ampio che, al pari del diavolo, essi sarebbero stati tormentati dalle pene dell'inferno? Si apre così la via anche per i Padri latini ad un'ulteriore riflessione teologica sullo stato nell'aldilà dei bambini morti senza Battesimo.
      Si sa che Sant'Agostino, prima della polemica antipelagiana, era giunto nel De Libero Arbitrio (l.3, c.23) ad una conclusione simile a quella dei Padri greci: privazione della visione beatifica a motivo del peccato originale ereditato da Adamo, ma assenza di pene afflittive a motivo dell'assenza di peccati personali. La polemica suscitata dai pelagiani, lungi dal far "nascere" l'idea del Limbo, come vorrebbe Bruno Forte, fu, invece, responsabile di una temporanea deviazione nello sviluppo della dottrina cattolica sul Limbo, perché Sant'Agostino, per salvaguardare la realtà del peccato originale, che i pelagiani riducevano a nulla, indurì la sua posizione e giunse a parlare di "pena", sia pure "mitissima" ("la più mite") e di "damnatio omnium levissima" ("dannazione la più mite di tutte”) per i bambini morti senza Battesimo. Questo indurimento, però, non fu senza esitazioni e ripensamenti. "Ma, poiché siamo arrivati alla pena dei bambini sono, credimi in gravi angustie e non trovo assolutamente nulla da risponderti”, scrive, ad esempio, nell'Epistola 166 (c. 6, 16) e altrove confessa di non saper definire "la natura e l'intensità" della "damnatio omnium levissima" riservata a queste anime e che, comunque, egli non si sentirebbe di dire (come per i dannati) che sarebbe stato meglio per loro che non fossero mai nati (Contra Iulianum Pelagianum l. 5, c. 11).
      Queste perplessità dimostrano che Sant'Agostino, nonostante l’occasionale indurimento, continuò a propendere per una sorte dei bambini morti senza Battesimo diversa da quella dei dannati propriamente detti.

 

 

 

 

 

 

 

(E) Quindi, chi vuole ridurre questa verità di fede ad un'opinione cestinabile, dovrà fare i conti con i Greci, rispettosi dei loro Padri che ora i novatori della Commissione vorrebbero irridere, nonostante blaterino continuamente di ecumenismo.

Dal Limbo come "stato" al Limbo come "luogo"

      La speculazione teologica successiva superò la deviazione e l’indurimento occasionale di Sant' Agostino approfondendo la distinzione tra peccato originale, che è ereditato, e peccato attuale, che è personalmente commesso. Per questa via si ritornerà alla posizione più mite dei Padri greci e dello stesso Sant'Agostino prima che scoppiasse la polemica antipelagiana: i bambini, morti senza Battesimo, prima di aver raggiunto l'età della ragione, sono esclusi dalla visione beatifica a motivo del peccato originale, ma è incompatibile con la giustizia divina che chi è colpevole solo di una colpa ereditata sia punito come chi è colpevole di colpe personali.
      
Questa ripresa nella direzione giusta della riflessione teologica sul Limbo fu stimolata ed accompagnata da una serie di interventi magisteriali.
      
Nel 1201 Innocenzo III scrive che il peccato originale "è contratto senza consenso", mentre il peccato attuale "è commesso con consenso" e che "la pena del peccato originale è la privazione (carentia) della visione di Dio, mentre la pena del peccato attuale è il tormento della geenna perpetua" (lettera Majores Ecclesiae 1201 Denz. n. 410).
      Nel 1274 la professione di fede imposta ed accettata dall'imperatore Michele Paleologo nel Concilio di Lione e testualmente ripresa dal Concilio di Firenze nel 1439 dice che "le anime di quelli che muoiono in peccato mortale o con il solo peccato originale discendono tosto negli inferi, ma per esservi puniti con pene differenti" (Denz. 464). A questo punto nasce, per necessità di chiarezza, il termine "Limbo dei bambini". Mentre fino a quel momento si indicava con il nome generico "inferi" (=luoghi inferiori) la dimora di coloro che erano esclusi dalla visione beatifica, dal XIII secolo, stabilita la sorte diversa, si cominciò ad indicare con il nome "inferno", al singolare, la dimora dei dannati e con il nome di "Limbo dei bambini" il soggiorno dei bambini morti senza Battesimo: uno stato diverso esige un luogo diverso, anche in previsione della "resurrezione della carne" cioè del ricongiungersi delle anime con i rispettivi corpi (2).
      Dalla conclusione dell'assenza di pene afflittive per i bambini morti senza Battesimo e quindi con il solo peccato originale si passerà poi a riflettere sullo stato di conoscenza e di amore di queste anime. Sarà il lavoro delle "Scuole" e particolarmente di San Tommaso d'Aquino.
      
Nel 1794 Pio VI, condannando la 26a proposizione del sinodo filogiansenista di Pistoia, dichiarò "falsa, temeraria, ingiuriosa per le scuole cattoliche la dottrina che rigetta come una favola pelagiana quel luogo degli inferi (che i fedeli ovunque chiamano con il nome di Limbo dei bambini), nel quale le anime di coloro che muoiono con il solo peccato originale sono punite con la pena del danno [=privazione della visione beatifica] senza la pena del fuoco" (Denz. 1526).
      In tal modo la dottrina del Limbo qual era stata precisata dai teologi medioevali, e segnatamente da San Tommaso d'Aquino, qual era da secoli correntemente insegnata nelle "Scuole" cattoliche sotto gli occhi del Magistero (e quindi con la sua almeno tacita approvazione) e qual era comunemente creduta dal popolo cristiano ricevette l’approvazione formale e autorevole del Romano Pontefice: essa non era una favola pelagiana, ma una credenza perfettamente ortodossa. Tanto più che, mentre i pelagiani pretendevano di attribuire ai bambini morti senza Battesimo (e anche ai giusti pagani) la beatitudine soprannaturale, la dottrina del Limbo si limitava a prospettare per loro una beatitudine naturale, quale sgorga dalla conoscenza e dall'amore naturale di Dio portati al più alto grado in esseri che, con la separazione dal corpo, hanno raggiunto il completo esercizio delle proprie facoltà spirituali naturali: intelligenza e volontà.

 

   

Prima conclusione

      A questo punto siamo già in grado di giudicare l’affermazione di Bruno Forte che “l’idea del Limbo [...] era [?] nient'altro [sic] che un' opinione teologica", e, come tale, “non vincolava in alcun modo [sic] la fede". Siamo in grado di giudicare anche l’altra sua affermazione: «è da molto tempo che una migliore chiarificazione dei termini in questione e il conseguente [?] abbandono [sic] dell'idea di "Limbo" erano apparsi ai teologi più avveduti come la prospettiva su cui lavorare». Questo, infatti, potrebbe ammettersi solo se ai teologi fosse lecito di essere "più avveduti” del Vangelo, della Tradizione e del Magistero, perché il "Limbo" non è una questione di "termini” da chiarire, ma è una "dottrina cattolica certa”o "conclusione teologica", cioè una verità gradualmente, ma coerentemente dedotta da due premesse, di cui una formalmente rivelata da Dio (l'assoluta necessità del Battesimo) e l'altra conosciuta per via di ragione (la giustizia di Dio).


   

La "nuova dottrina"       

      Bruno Forte, però, non si ferma qui. Come abbiamo già accennato, egli passa ad illustrare la "nuova dottrina" che dovrebbe soppiantare nella fede del popolo cristiano la dottrina tradizionale del Limbo ("nuova dottrina" che, intanto, è già stata surrettiziamente introdotta sia nella liturgia "riformata" sia nel nuovo "Catechismo della Chiesa cattolica").
      "Il bambino -egli dice-morto senza Battesimo, non colpevole in alcun modo di questa mancanza, viene affidato alla grazia di Cristo che lo salva. Ma chi glielo affida? È qui che si colloca la mediazione sacramentale della Chiesa: è la preghiera del popolo di Dio, a cominciare da quella dei genitori del bambino, che può ottenere questo dono immenso dalla misericordia del Signore”.
      
"Dottrina", questa, non solo affatto estranea alla tradizione della Chiesa, ma anche già riprovata. Quando, infatti, il Gaetano avanzò l'opinione che i bambini morti senza Battesimo dovessero essere ritenuti battezzati a motivo del desiderio della Chiesa e dei genitori, la sua ipotesi corse il rischio di essere condannata come "eretica" nel Concilio di Trento e, comunque, definita "falsa" dal Soto (grande teologo domenicano anche lui), fu fatta raschiare dall'Editio piana delle opere del Gaetano per ordine espresso, come sembra, dello stesso San Pio V (3). E a ragion veduta, perché la fede della Chiesa e dei genitori può solo portare il bambino al fonte battesimale, ma non può supplire la virtù del Sacramento né, come vedremo, il desiderio del Battesimo, di cui il bambino è ancora incapace.
      
Bruno Forte, però, ci dice che «una simile visione positiva della salvezza, peraltro, è comune alla grande tradizione cristiana (F), che la estende senza remore a tutti quei giusti, che, non avendo conosciuto Cristo senza averne colpa, non per questo sono dannati, partecipano anzi alla comunione dei santi per un inconsapevole e non di meno reale "Battesimo di desiderio"» (G).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


(F) Ma non porta uno straccio di documento, perché non gli si possa dare del volgare bugiardo!

(G) La contraddizione in termini è evidente: non si capisce come il desiderio possa essere inconsapevole...

Una distinzione cancellata

      Ma come può -domandiamo- la "nuova teoria" iscriversi nella “grande tradizione cristiana" del "Battesimo di desiderio", dato che la Chiesa ha sempre parlato di desiderio personale (e non di desiderio altrui) e i bambini, morti senza Battesimo prima di aver raggiunto l'età della ragione, sono affatto incapaci di un siffatto desiderio? Affermare il contrario, che il bambino sia capace di un atto di desiderio personale prima del risveglio della ragione, significa contraddire l'esperienza universale e l'evidenza più comune e, anzitutto, significa contraddire, oltre la prassi costante della Chiesa, una lunga, ininterrotta, serie di documenti del Magistero, che puntualmente distinguono il caso degli adulti da quello dei bambini. Infatti, mentre la Chiesa non tardò ad affermare che per gli adulti il Battesimo d'acqua può essere supplito dal Battesimo di desiderio, per i bambini, privi ancora dell'uso di ragione, non ha mai trovato un equivalente al Battesimo di acqua ed ha costantemente insegnato che, nella normale economia di salvezza, non vi è per loro nessun altro mezzo (4) e perciò incessantemente ha chiesto di battezzarli al più presto.
      Abbiamo già citato il can. 3 del Concilio di Cartagine (418), il quale, contro i pelagiani, ribadisce in modo categorico che “i bambini morti senza Battesimo non possono entrare nel Regno dei cieli che è la vita eterna".
     
Ancora più esplicito il Concilio di Firenze: “Quanto ai bambini, dato il pericolo di morte che spesso può minacciarli, poiché non possono essere aiutati con altro mezzo se non con il sacramento del Battesimo per il quale sono liberati dal dominio del demonio e resi figli adottivi di Dio, la Chiesa ammonisce che il Battesimo non deve essere differito di quaranta o ottanta giorni o altro tempo, secondo certe usanze, ma che sia amministrato il più presto possibile, avendo cura, però, che, in imminente pericolo di morte, siano battezzati subito, senza nessuna dilazione" (Denz. 712).
      II Concilio di Trento nel Decreto sulla giustificazione afferma che il passaggio dallo stato di peccato allo stato di grazia, “dopo l’annunzio del Vangelo, non può avvenire senza il lavacro della rigenerazione [o Battesimo] o senza il suo desiderio". Desiderio che, però, dev'essere personale e non degli altri (di qui il rifiuto dell'opinione del Gaetano). Tanto è vero che il Catechismo Romano, pubblicato da San Pio V per decreto del Concilio di Trento, ancora una volta insiste sulla necessità di battezzare i bambini, incapaci di desiderio personale, al più presto: "Occorre esortare costantemente i fedeli perché portino i loro figli non appena possono farlo senza pericolo, alla chiesa e li facciano battezzare con la solenne cerimonia. Si pensi che ai piccoli non è lasciata alcuna possibilità di guadagnare la salvezza, se non è loro impartito il Battesimo. Quanto grave dunque è la colpa di coloro che li lasciano privi di questa grazia più del necessario, mentre la debolezza dell età li espone a innumerevoli pericoli di morte!” (5)
      A sua volta il Concilio provinciale di Colonia (1860), i cui decreti furono riveduti e verifìcati dalla Santa Sede, riassume con estrema precisione l'insegnamento costante della Chiesa: "Gli adulti che non possono ricevere di fatto (re) il Battesimo possono salvarsi ricevendolo con il desiderio (voto). Ma per i bambini, dato che sono incapaci di un tal desiderio, la fede insegna che sono esclusi dal Regno del cielo, cioè dalla beatitudine soprannaturale, se muoiono senza essere stati rigenerati dal Battesimo" (6).
      
La dottrina universale e costante della Chiesa è riaffermata poi, alla vigilia -si può dire- del Vaticano II, da Pio XII nel celebre discorso alle ostetriche (29 ottobre 1951): "Se ciò che abbiamo detto finora riguarda la protezione e la cura della vita naturale, a ben più forte ragione deve valere per la vita soprannaturale, che il neonato riceve col Battesimo. Nella presente economia non vi è altro mezzo per comunicare questa vita al bambino, che non ha ancora l’uso della ragione. E tuttavia lo stato di grazia nel momento della morte è assolutamente necessario per la salvezza; senza di esso non è possibile giungere alla felicità soprannaturale, alla visione beatifica di Dio. Un atto di amore può bastare all'adulto per conseguire la grazia santificante e supplire al difetto del Battesimo; al non ancor nato o al neonato bambino questa via non è aperta”.
      
Infine, contro le deviazioni che qua e là già serpeggiavano nel mondo cattolico, il 18 febbraio 1958 il Sant'Uffizio emanava il seguente Monitum: "Si è diffusa in alcuni luoghi l’abitudine di differire il conferimento del Battesimo per fittizie ragioni di comodità o di indole liturgica. A questa dilazione possono essere favorevoli alcune opinioni [teologiche], prive di solido fondamento (H) circa la sorte eterna dei bambini che muoiono senza Battesimo. Perciò questa Suprema Sacra Congregazione, con l’approvazione del Sommo Pontefice, ammonisce che i bambini devono essere battezzati al più presto secondo la prescrizione del can. 770 ed esorta i parroci e i predicatori ad insistere sull’esecuzione di questo dovere" (7).
      
Infine nel testo approntato per l'ultimo Concilio dalla Commissione Teologica si legge: “Il Concilio dichiara vane e prive di fondamento (H)   tutte le sentenze secondo cui si ammette per i bambini un mezzo [di salvezza] diverso dal Battesimo ricevuto di fatto. Tuttavia non mancano motivi per ritenere che essi riceveranno eternamente una certa felicità consona al loro stato".
      
Malgrado la deviazione poi imposta al Concilio dall'agguerrita minoranza modernista, questo testo resta ad attestare che la dottrina del Limbo era un pacifico possesso della Chiesa fino all'ultimo Concilio.
      
A questi documenti del Magistero corrisponde la prassi costante della Chiesa, che mai, in duemila anni, ha dato ai genitori la minima speranza che il loro desiderio o quello della Chiesa potesse supplire all'assenza del Battesimo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(H) Ecco una condanna espressa chiaramente in anteprima: certe "opinioni teologiche", siano esse di Ratzinger o dell'intera Commissione, sono prive di solido fondamento, anzi sono vane e prive di fondamento!

Seconda conclusione

      Bruno Forte, nonostante ciò, ci viene a dire che la "nuova teoria", secondo la quale i bambini possono salvarsi per "desiderio" non proprio, ma altrui (della Chiesa e particolarmente dei genitori), si iscrive nella "grande tradizione della Chiesa”, la tradizione del "Battesimo di desiderio" C'è da domandarsi se, oltre i libri della "nuova teologia", egli si sia mai dato cura di leggere gli atti che documentano questa tradizione.
      Sorvoliamo su molte altre cose che Bruno Forte, in quanto teologo (e teologo della CEI!) non dovrebbe ignorare e sorvoliamo anche sugli errori di fondo (naturalismo, concezione universalistica della salvezza ecc.) che ispirano la "nuova teologia" anche nel caso del Limbo, rinviando il lettore interessato a quanto ne scrivemmo in sì sì no no 15 gennaio 1996: Il Limbo: un pacifico possesso turbato dalla”nuova teologia" (I).
      Qui ci basta aver richiamato l’insegnamento tradizionale della Chiesa che sbarra la strada a quei "teologi più avveduti", che vorrebbero "l'abbandono" della dottrina del Limbo, dottrina che la Chiesa è venuta in duemila anni fedelmente esplicitando, per i bambini, dalla rivelazione divina: "Se uno non sarà rinato dall’acqua e dallo Spirito Santo non entrerà nel Regno dei cieli" (Gv. 3, 5) (8).

Hirpinus

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(I) Questo sarà oggetto di una nostra prossima pubblicazione.

 

Riferimenti:
Risposta a Matteo Castagna
La «nuova teologia» contro il Limbo
Tentativo di conciliazione
Caos postconciliare

(1) Card. Charles Journet, La volontà divine salvifique sur les petits enfants, 1958: «Si scarta parzialmente o completamente il mistero del Limbo. E per questa via si cominciano a rivedere gli insegnamenti costanti del magistero e a reinterpretare la rivelazione scritturale primitiva » (p. 131).

(2) V. Journet op cit., Didionnaire de théologie cathoiique voce Limbes e Baptème (sort des enfants mort sans), H. Gaullier L'état des enfants mort sans Baptême.

(3) V. Dictionaire de th. cath. voce Baptême (sort des enfants morts sans).

(4) Si ricordi che. per quanto a Dio tutto sia possibile, « non si può ammettere un privilegio o una deroga a meno che Dio stesso non ne riveli l'esistenza. Le eccezioni ad una legge universale non devono essere presunte, ma dimostrate » (Dict. De Th. cath. Voce cit.).

(5) Catechismo Tridentino, traduzione a cura del padre Tito Centi O. P., ed. Cantagalli, Siena, parte II, cap. 2, n. 3.

(6) Decreta Concilii a Sancta Sede recognita, pars 1, titulus 8, cap. 30. Collectio lacensis. t. V, col. 320.

(7) Acta Apostolicae Sedis 1958, p. 114.

(8) Sull’argomento si veda anche la inoppugnabile confutazione che di questa «nuova teoria», allora avanzata dal Galot, fa il padre Tito Centi nell’Introduzione al XXXIII volume de La Somma Teologica, ediz. Salani.

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